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Questo articolo è stato pubblicato il 28 febbraio 2014 alle ore 06:41.

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ROMA
Al momento l'unico punto fermo è rappresentato dall'entità: 10 miliardi o giù di lì. A tanto ammonterà il taglio del cuneo fiscale che il governo Renzi conta di far scattare entro l'anno. Il neo premier lo ha ribadito a più riprese. E a prenderlo in parola è ora anche il Fondo monetario internazionale che ieri ha fatto sapere di essere già in attesa che nelle prossime settimane diventino operative le riforme annunciate, a cominciare dalla riduzione delle tasse su imprese e lavoro. Resta però da sciogliere un nodo tutt'altro che secondario: a chi destinare i 10 miliardi del taglio del cuneo. Lo staff di Renzi ha preparato due proposte. La prima, evocata dallo stesso Renzi nel sua visita di mercoledì a Treviso, poggia su un una riduzione secca dell'Irap sulle imprese di quasi il 30% utilizzando tutte le risorse disponibili.
Renzi starebbe valutando con molta attenzione questa ipotesi che ieri è però stata subito respinta dai sindacati. Cgil, Cisl e Uil guardano invece con favore alla seconda opzione renziana: solo il 25% della dote disponibile al taglio dell'Irap (circa 2,5 miliardi) e il resto al rafforzamento delle detrazioni Irpef ai lavoratori (5-6 miliardi). Susanna Camusso, Luigi Angeletti e Raffaele Bonanni, hanno detto a chiare lettere che bisogna partire dall'alleggerimento delle tasse su lavoratori e pensionati e non dall'Irap e hanno chiesto di aver voce in capitolo sulla definizione dell'intervento. In altre parole, gran parte della dote dovrebbe essere utilizzata per rendere molto più robuste le detrazioni sul lavoro, in prima battuta almeno per i redditi fino a 25-30mila euro l'anno. Ma la partita è tutta da giocare.
Al momento, comunque, la soluzione più probabile viene considerata quella di un mix di interventi su Irpef lavoratori e Irap imprese. Su quest'ultimo fronte in ogni caso si agirà con un meccanismo imperniato sulla deducibilità da Ires e Irpef. Sul tavolo ci sarebbe anche all'ipotesi di un intervento cospicuo sui contributi sociali non previdenziali, considerata però remota dallo stesso staff di Renzi. La decisione sul tipo d'intervento da adottare sarà presa in tempi rapidi. E ad avere voce in capitolo sarà anche il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan. Che dovrà dire la sua anche sulle coperture.
Con tutta probabilità la prossima settimana il dossier Cottarelli sulla spending review sarà esaminato dall'apposito Comitato interministeriale presieduto dal premier. Il governo conta di recuperare già quest'anno dal piano sui tagli di spesa maggiori risorse per 3 miliardi. Per arrivare a quota 10 miliardi ne mancano altri 7. Che in parte potrebbero essere ricavati da un razionalizzazione dei sussidi alle imprese. C'è poi sempre sul tavolo l'ipotesi di armonizzare le aliquote sostitutive sulle rendite finanziare e ci sarebbero da utilizzare anche 2-3 miliardi di minor spesa per interessi per l'effetto spread.
Nel capitolo dell'armonizzazione dei prelievi sulle rendite ci sarà un «avere» ma anche un «dare». Si punta, in particolare, a ridurre dall'11 al 5% l'imposta sostitutiva sui rendimenti dei fondi pensione senza modificare l'attuale soglia di deducibilità Irpef dei contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro: l'importo massimo di 5.164,57 euro. L'obiettivo è quello di incentivare il risparmio previdenziale ma, anche, di riorientare sull'Italia una parte più consistente del patrimonio dei fondi pensione (113 miliardi) e della casse privatizzate. Attualmente il 30% di queste risorse è investito in titoli di Stato italiani, per uno stock investito in Btp pari a quasi 35 miliardi. Ogni anno tra i 2,5 e i 3 miliardi derivanti da nuovi flussi contributivi dei lavoratori viene investito in titoli di Stato. Da tempo i fondi pensione hanno dato la propria disponibilità a diversificare la propria “esposizione” nel sistema Italia investendo parte dei loro portafogli in strumenti come i mini-bond, alternativi al ricorso al credito per le imprese; e le iniziative del Destinazione Italia – con una Sgr che si fa garante dei bond emessi da piccole e medie imprese – va in in questa direzione. Restano da sciogliere diversi nodi sulle consistenze di queste garanzie e sulle tecnicalità operative di sottoscrizione di questi strumenti, anche in ragione del nuovo decreto che riforma criteri e limiti di investimento da parte dei fondi pensione.
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