Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 28 febbraio 2014 alle ore 06:41.

My24


Se qualcuno non troverà una via d'uscita diversa prima del 25 maggio, quel giorno la Crimea potrebbe decidere il proprio destino con un referendum, proposto ieri dal Parlamento regionale di Simferopol per consentire agli abitanti della penisola di esprimersi direttamente sulla propria autonomia. In maggioranza sono russi, e filo-russi erano gli uomini armati che nella notte di mercoledì hanno fatto irruzione nell'edificio, prendendone il controllo e issando sul tetto la bandiera russa.
L'episodio ha fatto scattare l'allarme a Kiev, anche perché il ministero degli Esteri russo ha chiarito che Mosca difenderà i diritti dei compatrioti «con forza e senza compromessi». Mentre il ministero della Difesa ricordava che i caccia russi lungo i confini occidentali - dunque quelli con l'Ucraina - sono in allerta combattimento. Le esercitazioni militari annunciate mercoledì hanno gli occhi degli Stati Uniti addosso, fa sapere la Casa Bianca. «Sollecito la Russia a non intraprendere azioni che possano accrescere la tensione o creare equivoci», ha avvertito il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen. Se, come ha ricordato Angela Merkel da Londra, Vladimir Putin si è impegnato a lavorare insieme per mantenere l'integrità territoriale dell'Ucraina, nella tensione di questi giorni anche una piccola provocazione potrebbe innescare reazioni irreparabili.
«Qualunque movimento dei militari della Flotta russa del Mar Nero in Crimea, fuori dalle zone stabilite dagli accordi bilaterali - ha avvertito da Kiev il presidente ad interim, Oleksandr Turchinov - sarà valutato come aggressione». Dopo di lui si è presentato in Parlamento Arseniy Yatsenyuk, nominato premier all'unanimità dopo aver ricevuto il giorno prima l'approvazione del Maidan, la piazza della protesta. «Il Paese è sull'orlo del collasso politico ed economico», ha detto citando le minacce all'integrità territoriale del Paese.
Sul fronte finanziario, mentre la grivna priva ormai del sostegno della Banca centrale ha proseguito la sua caduta sul dollaro, il Fondo monetario internazionale ha raccolto l'appello di Kiev. «Siamo pronti a rispondere», ha fatto sapere il direttore generale, Christine Lagarde. Aggiungendo che nei prossimi giorni una missione partirà per Kiev «per avviare un dialogo preliminare con le autorità». Dialogo non facile, dal momento che la Lagarde ha subito fatto riferimento a riforme che in passato i governi ucraini non sono mai riusciti ad approvare. Ma ora Yatsenyuk fa notare che un rapido accordo con il Fondo è cruciale per ridare stabilità alla grivna. «Non appena avremo firmato un accordo con l'Fmi - ha detto Yatsenyuk alla Rada - il denaro tornerà nelle riserve, e noi potremo stabilizzare il tasso di cambio».
Tra i fondi che Yatsenyuk vorrebbe riportare a casa ci sono i 37 miliardi di dollari scomparsi dalle casse dello Stato - ha denunciato il neo premier - durante i tre anni di presidenza Yanukovich. In aggiunta ad altri 70 miliardi finiti in conti offshore nello stesso periodo. La procura generale ucraina chiederà aiuto all'estero per rintracciare conti bancari e patrimoni controllati da Yanukovich e dai suoi alleati e la Svizzera, attraverso il portavoce del ministro degli Esteri, Pierre-Alain Eltschinger, si è detta pronta a congelare eventuali fondi che l'ex presidente ucraino avesse depositato nelle banche della confederazione elvetica.
Ad aumentare ulteriormente le tensioni, Yanukovich è riapparso. Prevedibilmente in Russia, a Rostov-sul-Don, poco lontano dal confine meridionale ucraino. Dopo aver rilasciato una dichiarazione in cui si proclama presidente legittimo dell'Ucraina, ha fatto annunciare per oggi una conferenza stampa. «Io, Viktor Fjodorovich Yanukovich, mi rivolgo al popolo dell'Ucraina - ha dichiarato -. Mi considero ancora il legittimo capo dello Stato ucraino eletto dai cittadini ucraini in libere elezioni. Mi hanno minacciato fisicamente, sono costretto a chiedere alle autorità russe di garantire la mia sicurezza personale». Putin, evidentemente, ha accettato.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
GLI ACCORDI DEL MAR NERO
1992
Anche dopo la scomparsa dell'Urss, la Flotta del Mar Nero era comune a Russia e Ucraina
1995
Gli accordi del 1995 e 1997 danno vita alla Flotta russa e alla Marina ucraina, con basi navali separate in territorio ucraino
1997
Nel maggio 1997 viene firmato un accordo di leasing che dà alla Russia accesso alla base di Sebastopoli per 20 anni
2010
L'accordo di leasing viene prorogato fino al 2042

Commenta la notizia