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Questo articolo è stato pubblicato il 11 marzo 2014 alle ore 06:41.

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ROMA
Taglio delle tasse al nodo coperture. Non c'è da attendere soltanto il triplice fischio per conoscere chi vincerà il derby tra Irpef e Irap. Ma come spesso accade in presenza dei buoni propositi legati a un taglio strutturale delle tasse il vero scoglio da superare sono le maggiori entrate, necessarie ad assicurare coperture certe e soprattutto strutturali. Ieri sera tra le diverse ipotesi se n'è affacciata una a sorpresa: tra le forbici del governo potrebbero finire le spese militari e anche i contestatissimi aerei da guerra F35.
All'Economia si procede intanto di simulazione in simulazione, dalla nuova curva dell'Irpef con maggiori detrazioni per lavoratori dipendenti che guadagnano 25mila o 30mila euro, alla riduzione dell'Irap sul costo del lavoro con l'aumento delle deduzioni per chi assume giovani o donne, il taglio lineare del 10% delle aliquote o la riduzione percentuale anche fino all'80% del tributo regionale sul costo del lavoro. O come terza via tra Irpef e Irap il taglio dei contributi sociali.
Al di là del risultato finale del derby a via XX settembre si rincorrono, senza non poche difficoltà, le simulazioni sulle maggiori risorse da poter garantire nelle prossime 48 ore, quando il Consiglio dei ministri alzerà il sipario sul taglio delle tasse. Il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan ha spiegato che 5 miliardi dei 10 più volte annunciati dallo premier Matteo Renzi, arriveranno dai tagli alla spesa. L'attuazione della spending review messa a punto da Carlo Cottarelli e su cui si conosceranno maggiori dettagli domani quando il commissario riferirà in commissione Bilancio alla Camera, al momento garantirebbe: 2,5-3 miliardi da un nuovo intervento su beni e servizi, con il rafforzamento del metodo Consip; almeno 1 miliardo dalla razionalizzazione di incentivi e sussidi alle imprese; la fetta restante dai tagli selettivi su consulenze, auto blu, costi della politica e pubblico impiego.
Mancano all'appello a questo punto altri 5 miliardi. Una fetta potrebbe arrivare dal rientro dei capitali, ma che essendo una posta one off potrà al massimo essere utilizzata per garantire la fase transitoria della spending review. Senza considerare, poi, che i tempi per raccogliere i frutti dell'operazione legata alla voluntary disclosure tendono a dilatarsi visto che proprio oggi, salvo nuovi ripensamenti dell'ultima ora, il Dl sul rientro dei capitali sarà declassato dal Governo, su proposta della maggioranza, da decreto legge a proposta di legge.
Tra le simulazioni dell'Economia recapitate a Palazzo Chigi c'è sempre anche la rimodulazione della rendite finanziarie che spaziano da un aumento dell'attuale imposta sostitutiva del 20% di uno o due punti, all'aumento della mini-patrimoniale del bollo sui depositi titoli. Anche se in questo caso levarla oltre i 2 punti percentuali fissati dall'ultima legge di stabilità, al di là di poter assicurare oltre 1,5 miliardo l'anno, vorrebbe anche dire in molti casi azzerare i rendimenti degli investitori. Qui la scelta è strettamente politica e legata ala tenuta della maggioranza. Altra posta da utilizzare, su cui però a frenare è lo stesso ministro dell'Economia, è il tesoretto accumulato con la minore spesa per interessi legata al calo dello spread. Ma c'è anche chi nel Governo pensa di portare subito al 2,9% l'asticella del rapporto deficit-Pil oggi prevista al 2,6 per quest'anno. Il sottosegretario Graziano Delrio, ha invece escluso l'ipotesi di utilizzare come copertura i fondi strutturali Ue 2014-2020.
In ogni caso, come ha spiegato lo stesso Padoan, resta aperta la questione dell'utilizzazione dei risparmi attesi dalla spending review: ai tagli della spesa non corrisponde un'immediata disponibilità di bilancio. Una mano per completare il delicato puzzle delle coperture potrebbe però arrivare da un entrata in vigore dei tagli delle tasse da far partire dal prossimo mese di giugno. Il costo dell'operazione calcolato in 10 miliardi in ragione d'anno si ridurrebbe della metà.
M. Mo.
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