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Questo articolo è stato pubblicato il 16 marzo 2014 alle ore 14:06.
L'ultima modifica è del 16 marzo 2014 alle ore 19:33.

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Sul suo passato le ombre non mancano, e certo non mancano su quei giorni in cui, dopo gli scontri tra filorussi e filoucraini davanti alla Verkhovna Rada di Simferopoli, la sede del parlamento è caduta in mano alle forze mandate da Mosca. E a porte chiuse e con uomini armati in giro, all'improvviso, il parlamento ha votato per sciogliere il governo, nominare Aksjonov nuovo primo ministro e chiedere l'annessione alla Russia.

«Appena il potere di Viktor Yanukovich è svanito - dice Aksjonov - e non appena è andato in mano ai radicali, noi abbiamo fatto una proposta: calmare la situazione in Crimea, la Rada ucraina doveva sanzionare le attività dei militanti nell'Ucraina occidentale. Potete chiedere anche ai vostri compagni del Maidan, a Kiev c'è gente che va in giro armata senza vergogna. E sono venuti qui a minacciarci apertamente. Sul sito di Pravyj Sektor (il movimento ultranazionalista ucraino, ndr) c'è un invito alla mobilitazione: dopo la vittoria a Kiev, andiamo in Crimea».

Così, al colpo di mano che a Kiev ha portato alla cacciata di Yanukovich ne è seguito un altro a Simferopoli, la destituzione del governo e l'installazione di Aksjonov. «Non avevamo altra possibilità - dice il nuovo capo del governo di Crimea -. Quando il nostro parlamento è stato occupato da persone armate, rappresentanti di associazioni nazionaliste russe, noi abbiamo aspettato per cinque giorni reazioni da Kiev. Perché non è venuto nessuno a condurre colloqui? Io, come deputato, sono arrivato al lavoro, ma non c'era nessuno, tutte le strutture erano paralizzate. Che dovevamo fare?».
Il racconto di Aksjonov continua: «Siamo andati a parlare con queste persone, (gli armati che avevano occcupato il parlamento, ndr), hanno detto «siamo nazionalisti russi, nessuno da Kiev vi difende». Ci hanno detto che sarebbero rimasti finché non avessimo preso le decisioni giuste nell'interesse dei crimeani. Al voto i tartari non sono venuti. Abbiamo cento deputati in tutto, su 55 deputati in sala 53 hanno votato per me. I cognomi si sanno. E gli altri dove erano? Chi stava male, chi si è fatto furbo, chi dice era in ferie. Alcuni avevano paura, altri non hanno capito cosa succedeva. Gli altri sono stati pronti a prendersi la responsabilità».

E gli uomini armati? Ora sono sotto il suo controllo? «Presteranno tutti giuramento ed entreranno nelle forze armate, tutti. Devono solo cambiare uniforme e togliere le maschere. Anche le basi militari ucraine hanno iniziato a collaborare con noi, ci hanno venduto armi e uniformi. Non abbiamo avuto tempo di cucire le mostrine nuove, ci siamo messi le stesse uniformi. Nelle basi ucraine l'80% sono crimeani, hanno detto che non si sarebbero messi contro i crimeani. Noi non li minacciamo, se vogliono restare va bene per noi. Accetteranno tutti perché sono di qui e se rifiutano dovranno semplicemente lasciare il territorio, apriremo un corridoio per loro. Ho parlato con tutti i comandanti e ho garanzie che non combatteranno, anche se da Kiev dovesse venire l'ordine criminale di sparare sulla gente. Non spareranno. Noi avvieremo sanzioni penali solo contro chi inciterà i soldati e prenderà la armi».

Aksjonov vuole che la transizione avvenga in modo "morbido". «Manterremo due valute, rublo e grivna insieme, se tutto va bene già da martedì. Non vieteremo a nessuno di condurre scambi commerciali con l'Ucraina. I crimeani non spenderanno nemmeno un copeco per la riformulazione dei documenti, i diritti di proprietà. Non ci saranno privatizzazioni né nazionalizzazioni delle banche, nessuna minaccia alla proprietà privata. Certo, dovremo vedere come si comporterà il governo ucraino nei confronti della Crimea. Se ci sarà sabotaggio, per esempio se ci tagliano l'elettricità che noi paghiamo regolarmente, la responsabilità sarà loro. E lo stesso per le questioni immobiliari, i depositi bancari. La cosa più importante è che la gente possa mantenere i depositi. Non ci sarà un confine netto, né una dogana, non ci saranno dazi. Appoggeremo quelli che mostreranno collaborazione e disponibilità a fare scambi con noi, non bloccheremo business ucraini. Da secoli lavoriamo insieme».

I primi exit poll del referendum
Il sì alla secessione della Crimea dall'Ucraina e all'annessione alla Russia ha vinto con il 93%, secondo un exit poll: lo ha riferito la tv statale russa Rossia 24. Il 7%, secondo lo stesso exit poll, ha votato per il secondo quesito, che proponeva il ritorno alla Costituzione della Repubblica di Crimea del 1992 e lo status della Crimea come parte dell'Ucraina.

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