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Questo articolo è stato pubblicato il 25 marzo 2014 alle ore 06:35.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 14:15.

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Una volta l'Europa era una casa immobile nel mondo bloccato di Yalta, una casa piccola, coesa e rassicurante che distribuiva pace e benessere, in una parola sicurezze. Il mondo è cambiato, è diventato mobile e globale. Dalla caduta del Muro in poi, anche l'Unione si è globalizzata, riunificandosi e allargandosi. Mercato unico, moneta unica, frontiere sempre più a Est. La Germania raddoppiata che inevitabilmente esce dalla taglia media, quella degli altri Grandi, per farsi unica superpotenza europea: economica ma anche politica e soprattutto culturale.

Poi la grande crisi finanziaria del 2008 che dagli Stati Uniti sbarca in un'Europa psicologicamente disarmata, impreparata a gestirla. E così la piccola Grecia (2% del Pil euro e 3% del debito) con le sue malefatte sui conti pubblici diventa l'incredibile detonatore della grande euro-crisi. I mercati ci sguazzano, i governi non sanno che pesci pigliare. In attesa di rafforzare la governance dell'euro, partono le cure da cavallo del rigore e la troika che non guarda in faccia a nessuno. Irlanda, Grecia, Portogallo, Spagna e Cipro evitano in extremis il default ma gli aiuti europei costano carissimo: recessione, disoccupazione alle stelle, welfare nelle stalle. Il debito però sale invece di scendere.
Mentre il Sud soffre, il Nord, che pure ha contribuito alla crisi con gli incauti investimenti nei titoli sovrani mediterranei dai lauti rendimenti, lucra sui Paesi più vulnerabili: le casse dello Stato e le imprese tedesche si finanziano a tassi sottozero ma nell'immaginario collettivo è il contribuente tedesco a pagare ingiustamente per fannulloni e frodatori meridionali. Così l'Europa si spacca. Nord e Sud si guardano in cagnesco, incattiviti, esasperati. Esplode una crisi di sfiducia reciproca senza precedenti. L'Europa che distribuiva pace e benessere ora dispensa sacrifici, rancori, disperazione, insicurezze diffuse, futuro incerto. Ha perso lo spirito di famiglia, il senso di solidarietà. Fondata sul principio dell'"unità nelle diversità" si trasforma nel club dei separati in una casa dove le "divisioni nelle avversità" sono la regola.

E allora Europa perché, per fare che cosa e andare dove? E, poi, si può amare un riformatorio? Prolifera sul ribellismo popolare, scatenato dal rigore cieco che ha bloccato la crescita e distrutto lavoro, l'euroscetticismo che spadroneggia a Sud. A Nord invece si alimenta di egoismi e istinti difensivi: la vecchia paura del club-Med, il terrore di dover pagare di tasca propria, via la moneta unica, l'irresponsabilità degli altri.
Euroscetticismo, in breve, fa rima con incomunicabilità: soprattutto culturale. Debito in tedesco significa colpa, in greco fiducia: due mondi agli antipodi eppure due concetti entrambi compatibili con quella parola: dipende da come si maneggiano i debiti. Sarebbe semplicistico però spiegare la rivolta con la sola emergenza euro. Il disagio viene da più lontano, ha radici più profonde.

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