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Questo articolo è stato pubblicato il 28 marzo 2014 alle ore 19:03.
L'ultima modifica è del 30 marzo 2014 alle ore 22:05.

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Lavrov: non varcheremo il confine
I punti di vista della Russia e degli occidentali sulla crisi in Ucraina si stanno intanto avvicinando, aprendo così la strada a una possibile «iniziativa comune». Lo ha affermato il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov. «I nostri punti di vista si avvicinano. Il mio ultimo incontro con il segretario di stato americano John Kerry all'Aja e i miei contatti con la Germania, la Francia e gli altri Paesi dimostrano che si profila la possibilità di un'iniziativa comune che potrebbe essere proposta all'Ucraina», ha dichiarato il capo della diplomazia russa all'emittente Vesti, assicurando che Mosca non ha «assolutamente alcuna intenzione né interesse» ad attraversare la frontiera con l'Ucraina.

Cronaca del disgelo
Prima lo scambio di accuse e recriminazioni, poi - all'improvviso - una telefonata che potrebbe segnalare l'avvio di un fase di graduale disgelo sulla crisi ucraina. Vladimir Putin ha chiamato venerdì sera Barack Obama, in visita in Arabia Saudita dopo la tappa di Roma, per discutere di una proposta di soluzione diplomatica messa sul tavolo dagli Usa per uscire dal clima da nuova 'Guerra Fredda' innescato dalla rivolta di Kiev e dalla successiva annessione della Crimea da parte russa.

Il compromesso resta per ora appeso a una serie di condizioni. Ma il fatto che i due leader si siano parlati lascia intravvedere più di uno spiraglio. Della proposta americana, già illustrata nei giorni scorsi all'Aja dal segretario di Stato John Kerry al capo della diplomazia del Cremlino, Serghei Lavrov, non si sa granché. La Casa Bianca si è limitata a far sapere che si tratterebbe di una via d'uscita "diplomatica", che Obama ha chiesto a Putin una risposta scritta e che ha avvertito il presidente russo che la sua praticabilità è legata all' impegno di Mosca di astenersi da "ulteriori violazioni" della sovranità ucraina, ritirando i rinforzi che, secondo Washington sarebbero, stati ammassati al confine. Come a dire che la questione Crimea viene di fatto accantonata e l'attenzione si concentra a evitare ulteriori focolai nelle regioni russofone dell'Ucraina orientale e meridionale.

L'Onu: Putin non vuole invadere
Regioni sulle quali Putin nega del resto di avere ambizioni, come conferma nelle stesse ore in una seconda telefonata al segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, dopo la quale quest'ultimo assicura di aver avuto formale rassicurazione sulla volontà di zar Vladimir di non ordinare azioni militari. Quelle stesse azioni militari che ancora fino al pomeriggio apparivano invece al centro degli allarmi americani, fra sospetti, smentite e reciproche dichiarazioni polemiche. "Mosca deve ritirare le truppe" dal confine, aveva intimato da Riad Obama, accreditando così le voci che si accavallano da giorni sul dispiegamento di soldati russi pronti a invadere il sud-est dell'Ucraina.

Voci rilanciate dal Wall Street Journal, secondo cui il Cremlino è "pronto per una offensiva su vasta scala" con "quasi 50 mila" militari lungo la frontiera. La Russia aveva da parte sua negato sdegnata, accusando l'Occidente di essere disinformato o in malafede, perché dalle recenti ispezioni internazionali, condotte in cielo come in terra da osservatori non certo filo-russi (ucraini, estoni, lettoni, lituani, tedeschi, svizzeri, belgi e francesi), non erano emerse irregolarità.

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