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Questo articolo è stato pubblicato il 14 aprile 2014 alle ore 15:21.

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Se per molti algerini Buteflika resta l'uomo che ha dato stabilità a un Paese troppo a lungo dilaniato dalla violenza, l'insoddisfazione tra la popolazione è comunque tangibile. Soprattutto tra i giovani. Sono loro – il 50% dei 38 milioni di algerini ha meno di 30 anni - la fascia più colpita. Nel paese con le seconde maggiori riserve valutarie del mondo arabo, e con un debito pubblico pressoché inesistente, la disoccupazione giovanile ha ormai superato il 30 per cento. Al pari di molti altri esportatori di petrolio, l'Algeria, membro dell'Opec dal 1962 e primo fornitore di gas dell'Italia con oltre un terzo del nostro import, soffre da tempo di petrodipendenza. Tanto che l'industria degli idrocarburi genera il 97% delle esportazioni e il 40% del Pil, ma ha assorbe solo il 3% della popolazione attiva.

Nonostante le onerose riforme sociali promosse da Bouteflika il processo di diversificazione dell'economia, caldeggiato dal Fondo monetario Internazionale, è rimasto pressoché al palo.

Impoveriti, senza lavoro, impossibilitati a trovare un alloggio, molti giovani erano scontenti anche cinque anni fa. Eppure, quasi che l'immobilismo fosse la ricetta su cui l'Algeria fonda il suo precario equilibrio, tutto è andato avanti come se nulla fosse accaduto. In questi giorni, tuttavia, qualcosa sta cambiando.

La nascita di "Barakat!" - in dialetto algerino significa Basta! - è emblematica. Movimento giovanile che affonda le radici nei ceti medi, sulla falsariga di altri movimenti protagonisti delle primavera arabe Barakat si è organizzato in modo efficiente attraverso i social media, protestando contro la quarta candidatura di Bouteflika. Nelle ultime settimane ha rotto un tabù organizzando piccole manifestazioni nelle strade della capitale Algeri.

La parola ora spetta agli algerini, giovedì prossimo. Dei 23 milioni di aventi diritto l'impressione è che il vero vincitore sarà l'astensionismo. Se l'affluenza sarà davvero bassa, come è convinta l'opposizione, sarebbe un colpo alla credibilità del nuovo presidente.

Eppure i Paesi occidentali sembrano preferire il silenzio . La stabilità, la lotta al terrorismo e le buone relazioni con un Paese strategico sotto molti punti di vista appaiono un argomento convincente per chiudere un occhio davanti alle lacune in campo di democrazia e diritti civili da diverse Organizzazioni non governative.

La competizione non dovrebbe rivelare sorprese. Degli altri cinque candidati, l'unico in grado di impensierire Bouteflika potrebbe essere l'ex primo ministro Ali Benfis. Ma, al di là dei suoi infervorati proclami, la sua campagna elettorale sembra già la cronaca di un secondo posto annunciato.

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