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Andrea Pirlo si confessa in un'intervista esclusiva al Daily Mail e parla del suo rapporto con l'Inghilterra. Una storia di incroci mancati, di enormi soddisfazioni e cocenti delusioni: "Il cucchiaio a Hart a Euro 2012? Ho deciso all'ultimo secondo, lui si è buttato e io ho fatto la mia scelta. Dopo la finale di Istanbul contro il Liverpool volevo smettere - le sue parole -, e nel 2009 Berlusconi non volle mandarmi al Chelsea".

IL CUCCHIAIO A HART

Si parte dall'episodio più recente, il rigore tirato in Nazionale nel quarto di finale degli Europei di Polonia e Ucraina contro l'Inghilterra: "Voglio essere chiaro: non ho fatto come Totti nel 2000 contro l'Olanda. In quell'occasione Francesco disse prima a Maldini che avrebbe provato il cucchiaio. Io invece ho deciso all'ultimo secondo, Hart continuava a muoversi sulla linea della porta e quando ho visto che si buttava ho fatto la mia scelta. Non c'era nulla di premeditato, nessuna voglia di vendetta. Come si fa a programmare una cosa del genere? Se lo fai o sei Totti, o sei un veggente, o sei uno stupido".

LA FINALE DI ISTANBUL

Pirlo parla poi della sciagurata finale di Champions contro il Liverpool, nel 2005, quando vestiva la maglia del Milan: "Ho pensato di smettere - la sua rivelazione - credevo che nulla nello sport avesse più un senso. Quella finale mi aveva svuotato: ancora adesso non ho idea di come sia potuto succedere, ma la verità è che quando l'impossibile diviene realtà, qualcuno lo prende in quel posto. In quel caso a farlo fu tutto il Milan: un suicidio di massa. Quando finì quella tortura, ci ritrovammo negli spogliatoi dell'Ataturk: non riuscivamo a parlare, non riuscivamo a muoverci. Mentalmente eravamo a pezzi. E col passare delle ore fu anche peggio: insonnia, rabbia, depressione. Avevamo inventato una nuova malattia, la sindrome di Istanbul. Non mi sentivo più un giocatore, ma cosa ancora peggiore non mi sentivo nemmeno un uomo: non osavo più guardarmi allo specchio. Credevo che la mia storia calcistica fosse finita. Non ho più rivisto quella gara, fa troppo male. Ma fu un messaggio per le generazioni future: se ti senti invincibile, stai facendo il primo passo su una via di non ritorno".

HODGSON MI CHIAMAVA P...A

I ricordi di Pirlo si spostano poi al complicato rapporto con l'attuale ct inglese Roy Hodgson, suo allenatore ai tempi dell'Inter: "Era il mio primo anno in nerazzurro, giocai veramente molto. Gigi Simoni mi diede spazio, Mircea Lucescu aveva grande fiducia nei giovani, per Luciano Castellini ero un ottimo giocatore. Hodgson, invece, sbagliava sempre a pronunciare il mio cognome: mi chiamava P...a, ma forse fu l'unico in quell'anno a comprendere la mia reale natura di regista. Quell'anno (1999, ndr) Moratti cambiò quattro allenatori, mi svegliavo di mattina e non mi ricordavo più chi fosse il mister...".

IL MANCATO TRASFERIMENTO AL CHELSEA

Nell'estate del 2009, quella in cui i tifosi del Milan avevano già perso Kakà, Pirlo stava per cedere alla corte del Chelsea e di Carlo Ancelotti: "Avevo trovato un accordo coi Blues - confessa il regista della Nazionale -, a Londra era appena arrivato Ancelotti. Carlo per me è stato come un padre, un maestro, un amico che rendeva le cose divertenti. Se vuoi rendere al meglio, non c'è nessun allenatore meglio di lui. Ma Berlusconi fermò tutto dicendomi: 'Resta con noi, abbiamo preso Huntelaar'. Ora: Huntelaar è un ottimo giocatore, segna tanti gol. Ma il Milan aveva appena ceduto Kakà, Huntelaar non era certo il tipo di giocatore che avrebbe vinto il Pallone d'oro. Poi Berlusconi mi disse: 'Andrea, ascolta, non puoi andartene. Sei il nostro simbolo, sarebbe un terribile danno d'immagine'. Io risposi: 'Presidente, apprezzo ciò che mi sta dicendo: ma il Chelsea mi offre quattro anni di contratto, qui vado in scadenza tra due'. 'Non c'è problema - mi disse - puoi sistemare tutto con Galliani'. Pochi minuti dopo andò in conferenza stampa a Milanello a dire che Pirlo non era in vendita: alla fine andai in scadenza e firmai con la Juventus. Berlusconi è così: è teatrale e sa esattamente ciò che vuole. Questo lo rende un presidente speciale".

BALOTELLI E IL RAZZISMO

Chiusura inevitabile su Balotelli e sul problema del razzismo in Italia: "Mario è una potenziale medicina contro il fenomeno del razzismo - ha spiegato Pirlo -. In Italia ci sono alcuni individui frustrati che hanno preso il peggio dalla storia e lo hanno fatto proprio. E sono più di una minoranza, nonostante ciò che alcuni ipocriti vogliono far credere. Ogni volta che vedo Mario, gli sorrido. E' il mio modo per fargli capire che sono al suo fianco - conclude -: un modo di ringraziarlo".

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