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Questo articolo è stato pubblicato il 14 maggio 2014 alle ore 12:04.
L'ultima modifica è del 16 maggio 2014 alle ore 13:41.

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Nella foto lo juventino Tevez durante la vittoriosa trasferta dell'Olimpico contro la Roma (LaPresse)Nella foto lo juventino Tevez durante la vittoriosa trasferta dell'Olimpico contro la Roma (LaPresse)

Parma 7
Una bella conferma. Anzi, il Parma fa di più e migliora la già buona classifica dello scorso anno. Anche in questo caso si avverte la mano (e la testa, signori miei, la testa) di un allenatore come Donadoni che ha seminato saggezza ed equilibrio. Come testimonia l’ultimo incontro, proprio contro il Toro, e la reazione mostrata dalla squadra con un giocatore espulso. Se Cassano ha voglia si può andare in Europa, titolavano i giornali in autunno. Ebbene, Cassano ha messo in mostra voglia, smentendo chi lo pensava in pensione anticipata e si è pure guadagnato la convocazione di Prandelli. E' la piazza di Parma che funziona e lascia i giocatori liberi da troppe pressioni. Bene il reparto difensivo, come in mezzo la grinta di Acquah e di Marchionne che sta vivendo una seconda giovinezza. In avanti ottimi Parolo e Biabiany, bene Palladino dopo incerte stagioni, mentre Amauri ha palesato i consueti alti e bassi. Non sappiamo, al momento di scrivere, se le speranze d'Europa si fermeranno sulla soglia d'ingresso, ma ciò non muta la sostanza. Applausi agli emiliani.

Milan 4
Domanda oziosa: e se il Balotelli di fine stagione, non eccezionale ma animato da spirito di servizio, si fosse così comportato per l'intera stagione che sarebbe successo? I rossoneri in salsa olandese del girone di ritorno hanno recuperato posizioni sino a giocarsi di malavoglia la piccola Europa e a perderla all’ultimo istante a Bergamo. Resta tuttavia la sostanza di un torneo deludente, largamente al di sotto delle attese. Scriviamo alla vigilia dell'ultima partita con il Sassuolo, che all'andata fu la Caporetto di Allegri. Diradata la confusione mentale del gruppo e di ruoli, la sostanza non è tuttavia mutata radicalmente e non poteva che esser così. Il Milan di oggi non è "da Milan" e non basta il generosissimo Kakà a mascherare i limiti di un gruppo che è composto da alcuni buoni o discreti giocatori, ma senza nemmeno uno dei talenti che hanno reso grandi i rossoneri nel recente passato. La società è all’Anno Zero, con quella strana creatura bicefala a dirigere (si fa per dire) la barca. La difesa va letteralmente ricostruita in ogni reparto e il centrocampo deve trovare l'ispiratore sciaguratamente perduto tre anni or sono con il licenziamento prematuro di Pirlo. Difficilmente al timone ritroveremo Seedorf “il matto” (la definizione è di Galliani, non  nostra) un traghettatore con il torto, imperdonabile, di parlare quando e come gli va. Va bene la riconoscenza, ma non esageriamo è il verbo del presidente che ha indicato nei diversamente giovani ospiti della casa di Cesano Boscone gli opportuni sostituti. In arrivo Spalletti, Montella o il mister fatto in casa Inzaghi? A voi, anzi a Berlusconi la scelta.

Verona 7
Ecco un'altra sorpresa del campionato. Mandorlini, messe da parte le inutili intemperanze verbali e i cori nello spogliatoio stile celibi-ammogliati, ha mostrato le sue ottime capacità d'allenatore, assai lontano da una logica puramente difensiva che poteva suggerire la sua eccellente carriera di giocatore. Gioco sempre propositivo, belle trame caratterizzate dalla velocità impressa da Iturbe, che già dal nome irradia potenza. Con lui Gomez, Romulo, il roccioso Halfredsson che pare un rompighiaccio islandese. Ma su tutti da segnalare Toni, dato per l'ennesima volta al capolinea della sua brillante carriera che con i suoi 20 gol ( se segna anche nell’ultima partita aggiornate voi il conto) ha dato un grande contributo alla causa scaligera. Se non ci fosse stata la flessione dopo la quota salvezza raggiunta con troppo anticipo, il Verona sarebbe in Europa anche se ha perso il suo playmaker Jorginho, passato al Napoli. Stagione da ricordare, trent'anni dopo le glorie di un altro Verona, quello di Bagnoli, che in Europa ci arrivò passando dalla porta principale, con lo scudetto sulle maglie.

Lazio 6
La dieta ipocalorica di Lotito non consentiva grandi sogni. Petkovic l'ha capito e ha fatto le valigie anzitempo verso la Svizzera, lasciando al tuttofare Reja (che bravo!) il compito di restituire equilibrio e stimoli a una squadra che rischiava di scivolare verso il basso dopo la catena d'infortuni che ha colpito Klose. Il recupero di Mauri ha compensato l'addio di Hernanes (non è che all'Inter facciano salti di gioia per il brasiliano che gioca al rallentatore) mentre il vero valore aggiunto lo ha dato il giovanissimo e talentuoso Keita. Scomparso dalla porta e dai radar Marchetti, dopo una stagione disastrosa, l'attempata difesa ha retto con fatica. Buon per i biancoazzurri che alla destra del centrocampo c'è un tale che ha quattro polmoni e che di nome fa Candreva, bene appoggiato da Ledesma. La Lazio è andata oltre le sue attuali possibilità. E in questo ci sono sicuramente le lunghe mani e la testa del suo esperto allenatore.

Atalanta 7
Inizio in sordina e dalla metà in poi un torneo strepitoso che ha fatto sognare ai tifosi l'Europa sino al calo finale seguito dall’acuto contro il Milan. Ma il collaudato sistema di gioco di Colantuono si è rivelato una certezza. Squadra di molti talenti fatti in casa, la Dea si è confermata compagine solida, anche se per fare il passo successivo, verso l'Europa, occorre qualche ritocco. Se vanno lodati l'ottimo portiere Consigli e l'intero blocco difensivo, la palma del migliore va a Bonaventura, trequartista di puro talento. Citazioni d'obbligo per il sempreverde Denis e Moralez, decisivi nella lunga rincorsa ai piani alti. Un appunto doveroso a una dirigenza troppo timida nei confronti dei teppisti che si dicono sostenitori e poi gettano banane in campo, senza nemmeno avere il lugubre pregio del copyright.

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