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Questo articolo è stato pubblicato il 15 maggio 2014 alle ore 22:04.

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Jordi Bertomeu (Olycom)Jordi Bertomeu (Olycom)

L'Eurolega si sta già muovendo per dare una mano in questo senso?
Noi abbiamo portato avanti un progetto chiamato Ticketing Program, con consulenti americani che hanno lavorato anche per la NBA. Siamo vicini alle società per ottimizzare le risorse provenienti appunto dalla vendita dei biglietti. Milano ha fatto parte di questo programma negli ultimi tre anni e i risultati di oggi sono la conseguenza del loro lavoro. Servono tempo e pazienza per ottenere i risultati. Prendo ad esempio Alba Berlino e Asvel Villeurbanne, che al di là dei risultati sportivi non certo clamorosi hanno sempre il tutto esaurito grazie a questo lavoro.

La risposta di pubblico per quest'anno resta più che soddisfacente, però.
A livello complessivo si sono raggiunti risultati record per l'Eurolega, con oltre 9500 spettatori di media in questa stagione. Ma questo è solo l'inizio, non è facile lavorare in tanti paesi con culture diverse. In Russia un biglietto costa 10 euro, mentre in Germania è 50. È difficile, ma per noi è una sfida importante e lavoriamo con le società per far capire l'importanza del ticketing sulla stabilità societaria. Quella proveniente dal ticketing è una struttura consistente del budget, a differenza di quella proveniente dagli sponsor che è una parte volatile. Dobbiamo convincere i club a lavorare sul ticketing.

Ma l'espansione del basket europeo passa anche dallo sviluppo televisivo: 71 network in 199 paesi per le Final Four, un risultato di cui essere soddisfatti?
Sì, un grande risultato arrivato nel momento in cui abbiamo deciso di fare una gestione in house. Da questo punto di vista siamo contenti, ma dobbiamo migliorare anche gli introiti derivanti dalla cessione dei diritti televisivi. È vero che rispetto agli inizi li abbiamo triplicati, ma è anche vero che possiamo ottenere di più. Abbiamo concluso tre nuovi accordi e in questo periodo in cui la pay tv gioca un ruolo molto importante serve equilibrio. Al di là della distribuzione e della visibilità della pallacanestro, pensiamo che sia arrivato il momento di puntare sul beneficio economico.

Tra nuovi accordi per la cessione dei diritti televisivi, sponsor e strategie di ticketing, possiamo dire che l'Eurolega economicamente è più forte rispetto agli anni passati?
Dal 2005 abbiamo fatto soltanto una volta un passo indietro, lo scorso anno a causa della crisi economica della Spagna, che è uno dei nostri main contributor. Quest'anno abbiamo già ottenuto risultati migliori. In Spagna l'Eurolega era trasmessa sulla tv pubblica, oggi invece abbiamo un accordo triennale con Canal +. Dal 2005 fino ad oggi, comunque, il budget è sempre stato positivo e finora non ci sono stati problemi.

Dalla crisi spagnola a quella italiana: si rischia di perdere Siena, una delle grandi protagoniste degli ultimi anni in Italia e in Europa. Quanto può pesare la sua assenza?
Siena è il tipico caso di un piccolo mercato capace di imporsi sul piano sportivo. Ne abbiamo tanti di esempi di questo tipo. È un peccato che un progetto sportivo vincente e ben strutturato rischi di fallire. La situazione è molto complessa, ma sarà un grosso punto interrogativo la sua permanenza non solo nel basket europeo. È una delle squadre con la licenza a lungo termine ed è la prima volta che capita una situazione del genere in Eurolega. Le notizie non sono certo buone, ma dobbiamo aspettare. Purtroppo l'aspetto economico conta tantissimo.

Lo sviluppo dell'Eurolega, invece, a dove vuole arrivare?
Abbiamo una road map chiara: il futuro dell'Eurolega deve andare verso un concetto di Lega Europea, con tutto quel che ne consegue. Non una lega chiusa, perché non fa parte della concezione sportiva europea, ma pensiamo all'Eurolega come il top della piramide della pallacanestro europea. A questo punto ci possiamo arrivare solo discutendo con i club, ma di sicuro il futuro deve essere una Lega Europea con maggiore stabilità e con squadre che abbiano una chiara strada da seguire per giungere all'élite della pallacanestro. Non so quando arriveremo a questo obiettivo, ma è il nostro compito. Il concetto è quello di giocare sempre più partite, con in campo sempre le migliori squadre.

Non teme la concorrenza dell'NBA da questo punto di vista?
Che la NBA voglia espandersi in Europa non è notizia di oggi. Noi prima di tutto abbiamo tante cose da fare al di là dell'NBA. È anche vero che prima che sbarchi in Europa, anche l'NBA ha le sue questioni da risolvere. L'NBA in Europa non porterebbe a casa gli stessi soldi che ottiene in America. I diritti tv in Europa non sono sulla stessa base di quelli americani, gli introiti non sono allo stesso livello. Una squadra in Europa deve giocare 50 partite e il biglietto deve essere da 100€ a notte, non è facile da realizzare. Inoltre bisogna pensare ad impianti di un certo livello, e non ce ne sono tanti in Europa. Non è chiaro, infine, che sul piano legale il CBA non può funzionare in Europa. L'Antitrust europea non è la stessa di quella americana, lo si è visto con le sanzioni a Microsoft. È bello parlare di NBA in Europa, ma bisogna dare risposte a queste domande importanti. Se non si ha la certezza di portare 300-400 milioni di diritti tv, di disputare 50 partite con biglietti da 100€ a notte, di avere impianti all'altezza, di avere accordi con i giocatori, allora ancora non si può portare avanti questo progetto. Quello che stanno facendo adesso è molto più intelligente, sfruttano l'immagine dei loro giocatori europei e fanno business con un investimento.

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