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Questo articolo è stato pubblicato il 28 maggio 2014 alle ore 06:36.
L'ultima modifica è del 28 maggio 2014 alle ore 09:11.

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Questo fenomeno va sotto il nome di astensionismo asimmetrico. Renzi avrebbe vinto anche solo grazie a questo fattore. Ma ha vinto ancora meglio perché è scattato un altro meccanismo. Per vincere si devono conquistare nuovi elettori e non solo tenersi i vecchi. E qui si vedono i frutti della capacità di attrazione del premier. Come avevamo anticipato ieri, e come si vede nei dati nelle cinque città, il Pd ha pescato in misura variabile nell'elettorato di quasi tutti i partiti rivali. Ma, tra tutti, c'è un flusso che è particolarmente significativo, ed è quello che proviene da Scelta civica. La formazione di Monti praticamente non esiste più. Una buona parte dei suoi elettori sono andati verso il Pd, molti non si sono recati alle urne. A Torino ha ceduto al partito di Renzi il 60% del suo elettorato del 2013 mentre un 15% è andato al partito di Alfano. In questa città il flusso verso l'astensione è minimo. Stessa cosa più o meno a Firenze. Ma non è così a Palermo. Qui oltre alle defezioni verso il Pd e il Ncd, si nota anche un flusso verso Forza Italia (11%) e verso l'astensione (14%). E così grazie a Scelta civica una quota di elettori moderati sono stati traghettati gradualmente verso il centro-sinistra, destinazione prima Monti e poi Pd. Ma senza Renzi non sarebbe successo.
I flussi verso il Pd non si fermano qui. Agli elettori di Scelta civica vanno aggiunti quelli del M5S e di Fi. Sono passaggi di voto di entità più modesta, pare. Ma tutto fa brodo. Nel complesso sembra che il movimento di Grillo sia stato relativamente più "generoso" nei confronti del partito di Renzi. A Firenze il 17% dei suoi vecchi elettori ha scelto il Pd, mentre ha fatto la stessa cosa il 12% degli elettori Pdl. A Torino i dati sono rispettivamente 12% e 9%. Da ultimo anche una parte degli elettori della Lega ha "tradito" contribuendo a ingrossare le fila del Pd. A Torino il 12%, a Venezia addirittura il 36%, a Parma il 14%. Sono tutti questi rivoli che hanno portato Renzi a uno storico 40,8%.
Queste elezioni erano per Renzi un passaggio difficile e delicato che ha voluto affrontare senza mettere il suo nome sulla scheda. Le europee sono elezioni rischiose per i grandi partiti e soprattutto per quelli di governo. Si è visto quello che è successo in quasi tutti i paesi della Unione, a eccezione della Germania dove in realtà anche la Merkel ha preso meno voti rispetto alle scorse politiche. Adesso la sfida per Renzi è quella di consolidare questo successo. Se ci riesce, ci ricorderemo di queste elezioni come di una tappa importante verso la costruzione, intorno al Pd, di un nuovo blocco sociale ed elettorale, tendenzialmente maggioritario. In questo Renzi è, tra l'altro, facilitato dal fattore tempo. Da qui al 2018 non ci sarà più un turno di elezioni a carattere nazionale. Una volta c'erano le elezioni regionali. Chi non ricorda le dimissioni di D'Alema dopo il cattivo risultato per il centrosinistra delle regionali del 2000? Ma allora la gran parte delle regioni andava al voto nello stesso giorno. Il prossimo anno non sarà così. A causa di vari scioglimenti anticipati ci sono 9 regioni in cui non si voterà il prossimo anno. Una grande occasione per portare avanti un programma di governo di medio termine senza distrazioni elettorali. In un paese dove governare è molto difficile anche questo aiuta.
© RIPRODUZIONE RISERVATALo spostamento dei consensi La destinazione dei voti delle Politiche 2013 nelle elezioni Europee di domenica - Nota: a Firenze e Palermo la Lega non ha ottenuto votiFonte: cise.luiss.it

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