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Questo articolo è stato pubblicato il 28 maggio 2014 alle ore 06:38.
L'ultima modifica è del 26 febbraio 2015 alle ore 21:28.

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(Ansa)(Ansa)

ROMA - La procura di Bologna accelera l'inchiesta sul caso Biagi. Ieri sono stati sentiti come persone informate sui fatti Stefano Parisi e Antonio D'Amato, direttore generale e presidente di Confindustria nel 2002, epoca dell'uccisione del giuslavorista da parte delle nuove Br. Domani il pubblico ministero Antonello Gustapane riascolterà Luciano Zocchi, già segretario particolare dell'allora ministro dell'Interno Claudio Scajola. Proprio Zocchi ha fatto riaprire il fascicolo giudiziario, per ora senza indagati, con l'ipotesi di reato di omicidio per omissione. L'ex segretario di Scajola ha raccontato di aver segnalato al ministro dell'Interno, pochi giorni prima dell'attentato, i rischi che correva Biagi: riferiva, ha spiegato, le indicazioni allarmate di Parisi e di Maurizio Sacconi – e di sua moglie, Enrica Giorgetti – molto legati al giuslavorista.

L'inchiesta a questo punto decolla e dovrà scandagliare e verificare gli elementi nuovi, se spunteranno, in grado di confermare l'ipotesi di omicidio per omissione: in pratica, significa che al ministero dell'Interno uno o più soggetti non avrebbero compiuto atti – «omessi», appunto – in grado di salvare Biagi. Un fronte inquirente è quello delle segnalazioni di Zocchi: erano tali da mettere il ministro e il suo apparato nelle condizioni di ripristinare subito la scorta a Biagi? E la procura dovrà accertare come e a chi l'allerta del segretario particolare, trasmesso a suo dire al ministro, è stato poi comunicato ai soggetti che al Viminale – tra gabinetto e dipartimento Ps – avrebbero dovuto sapere e potuto decidere. Fermo restando che lo stesso Zocchi ne parlò in quei giorni con l'allora vicecapo del dipartimento Ps, Giuseppe Procaccini, e con il capo della segreteria del dipartimento, Giuseppe Pecoraro, già sentiti sempre come persone informate sui fatti dalla procura felsinea. Va sottolineato, tra l'altro, che, a differenza di oggi, allora la decisione di assegnare o revocare le scorte era di competenza e responsabilità prevalente delle autorità di sicurezza locali: prefetture e questure di Milano, Roma, Modena e, soprattutto, Bologna.

L'altro fronte caldo, forse il più incandescente, dell'indagine, riguarda le informative del Sisde sui possibili rischi di attentati. Sono tre – novembre e dicembre 2001, fine febbraio 2002 – e una loro sintesi è pubblicata nella relazione semestrale dei servizi segreti poi anticipata da Panorama quell'anno. L'inchiesta, insomma, dovrebbe verificare se quelle informative erano tali da obbligare il Viminale a ridare la tutela a Biagi. Ma già la prima indagine della procura di Bologna, condotta proprio da Gustapane, ha assolto gli indagati di allora, dirigenti locali e centrali del Viminale.
Ieri intanto il sostituto della Direzione nazionale antimafia Francesco Curcio e il pm della Dda di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo si sono rinchiusi con gli uomini della Dia nella tavernetta di villa Ninina, a Imperia, di proprietà di Scajola, arrestato perché avrebbe aiutato la latitanza dell'ex parlamentare di Forza Italia Amedeo jr Matacena, condannato a cinque anni in Cassazione. Domani gli avvocati Carlo Biondi e Bonaventura Candido, difensori di Chiara Rizzo, moglie di Amedeo Matacena, depositeranno ricorso al tribunale del riesame di Reggio Calabria per chiedere la revoca dell'ordinanza di custodia cautelare emessa a carico della loro assistita.

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