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Questo articolo è stato pubblicato il 04 giugno 2014 alle ore 11:00.
L'ultima modifica è del 04 giugno 2014 alle ore 20:53.

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Prendere esempio dalla Germania
Per rendere ancora più attuale l'esempio tedesco il rapporto contiene una simulazione sugli effetti che produrrebbe l'applicazione di una ricetta simile a quella teutonica. La premessa da cui si parte è che all'inizio del periodo 2012 l'Italia presentava una spesa primaria più bassa di quella tedesca (41,5% rispetto al 45%) mentre alla fine tale rapporto
risultava invertito (45,2% noi, 42,3% loro). E ciò grazie soprattutto alle riforme che ha avviato all'inizio del decennio e che le hanno consentito, all'arrivo della crisi del 2008, una gestione anticiclica della spesa senza che ciò travolgesse gli equilibri di bilancio. Per i magistrati contabili sembra ragionevole che l'Italia si dia come obiettivo di giungere al termine della fase espansiva dell'economia globale, che stentatamente si avvia, con un livello della spesa in rapporto al prodotto simile a quello che la Germania seppe raggiungere nel 2007. Per calcolare in che misura si è proceduto a un esercizio di benchmarking, assumendo come riferimento la quota di prodotto che la Germania destinava al finanziamento delle diverse funzioni pubbliche nel 2007. Paragonata a quella destinata dall'Italia nel 2012 agli stessi compiti viene fuori che spendiamo di più in otto delle dieci funzioni (specie in protezione sociale, sanità e servizi generali). Fanno eccezione solo le voci «abitazioni e assetto del territorio» e «attività ricreative, culturali e di culto». Complessivamente, la spesa pubblica sarebbe inferiore di 4,5 punti di Pil se ciascuna funzione pubblica assorbisse nell'Italia di oggi la stessa quota di Pil del 2007 in Germania (il 2,7% entro il 2018). Un buon motivo per seguire il loro esempio.

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