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Questo articolo è stato pubblicato il 08 giugno 2014 alle ore 15:23.
L'ultima modifica è del 09 giugno 2014 alle ore 14:12.

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Se favola a lieto fine sarà, quella di Prandelli e dei suoi uomini, certo parte da premesse davvero non scontate, con un girone durissimo nella prima fase, a giocarsi la qualificazione con inglesi e uruguagi (cioè Rooney, Gerrard, Suarez – in dubbio, però…- e Cavani, per capirci…) e senza poter sottovalutare la Costa Rica, che a queste latitudini qualche inatteso grattacapo potrebbe crearlo. Perché in un Mondiale sparpagliato su migliaia di chilometri, l'asse geografico di riferimento è l'Equatore: avvicinarsi a quella linea vuol dire trovare i veri rivali da battere: caldo, umidità, disidratazione, fatica, gambe molli e cervello annebbiato. Per questo fanno già venire i brividi la sfida inaugurale contro l'Inghilterra del 14 giugno a Manaus, ultimo avamposto prima dell'immensa Amazzonia, e "i mezzogiorno (o poco più…) di fuoco" che ci aspetteranno poi con Costa Rica (il 20 giugno a Recife) e Uruguay (il 24 a Natal).

Prandelli lo sa, e a fatto una scelta logistica rischiosa (ritiro a Mangaratiba a 100 km da Rio, luogo tranquillo con campo d'allenamento a portata di mano, ma condizioni climatiche diverse da quelle in cui giocheremo): se la scommessa si dimostrerà azzeccata, Azzurra potrà far paura a molti. E anche il gioco impostato dal cittì è pensato ad hoc per le caratteristiche di questo Mondiale: possesso palla e centrocampo dai tanti "piedi buoni", per dettare il ritmo e ottimizzare le energie. Basterà per vincere? Per giocarsela, sicuramente, anche se il k.o. di Montolivo ha sparigliato le carte e l'innesto di Verratti andrebbe assimilato in un tempo che ormai non c'è più. Per far festa al Maracanà, negli eventuali quarti di finale bisognerà presumibilmente chieder spazio al Brasile di Neymar, o alla Spagna campione in carica e due volte consecutive regina d'Europa (ma piegata dai verdeoro nella Confederations Cup di un anno fa).

Poi ecco l'Argentina di quel Messi che cerca con l'albiceleste il titolo che davvero lo consacrerebbe come nuovo Maradona, o la Germania che non sbaglia (quasi) mai certi appuntamenti, ma che deve fare a meno di uno dei suoi talenti più attesi, l'infortunato Reus.Senza dimenticare il folto gruppo delle outsider: l'Olanda finalista in Sudafrica nel 2010, e outsider insidiose come Belgio e Colombia, Francia (ma senza Ribery, anche lui ko) e il Portogallo di Cristiano Ronaldo.

Team e campioni che - altro paradosso - , dovranno conquistarsi la ribalta facendosi largo tra le tante contraddizioni di questo Mondiale, voluto dalla Fifa ma inviso a molti, per i costi eccessivi, gli sprechi, la corruzione, in un Paese che paga una crescita economica tanto rapida quanto disomogenea, e in cui le imminenti elezioni presidenziali hanno accentuato la pressione mediatica e politica sull'evento-Mundial. Un Mondiale pensato per le tv ma che presenterà difficoltà logistiche enormi, che vuole essere un ponte verso il futuro, ma che ha visto in questi giorni Rio e San Paolo, le due città emblema del Brasile agli occhi del mondo, messe in ginocchio dagli scioperi a catena dei trasporti pubblici. Segnali inquietanti anche in vista dei Giochi Olimpici del 2016 che un Cio già quasi pentito della scelta ha assegnato proprio a Rio de Janeiro.
Insomma, più che un Mondiale, un esame di maturità che il Brasile proverà a superare a tutti ( o meglio, malgrado tutti) i costi.

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