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Questo articolo è stato pubblicato il 19 giugno 2014 alle ore 17:46.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 20:24.

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(Afp)(Afp)

Governo iracheno richiama gli ufficiali riservisti
Il primo ministro iracheno Nouri al-Maliki ha richiamato gli ufficiali riservisti per rafforzare i ranghi dell'esercito di fronte all'offensiva delle forze ribelli sunnite nel nord del Paese. «Gli ufficiali fino al grado di generale di brigata sono stati destinati alle unità di loro appartenenza», dispone un comunicato ufficiale. L'ordine riguarda un numero imprecisato di ufficiali che sono formalmente membri delle forze irachene ma non sono attualmente in servizio.

Petraeus attacca al-Maliki
Ad attaccare il premier iracheno è un militare americano che conosce bene l'area e che ha dovuto lasciare la guida della Cia travolto dallo scandalo sessuale e dai segreti rivelati alla sua biografa Paula Broadwell con cui aveva una relazione extraconiugale. L'ex direttore della Cia e generale David Petraeus - capo della 101 Airborne Division a Baghdad e Mosul nel 2003 e poi di nuovo rispedito in Iraq dal presidente Bush nel 2007 come comandante delle forze Usa e internazionali per fronteggiare la minaccia delle milizie ribelli - dice che la risposta alla crisi irachena «deve essere una lotta di tutto l'Iraq contro gli estremisti». La soluzione, ha insistito, non può arrivare con «gli Stati Uniti che fanno l'air force delle milizie sciite o da una lotta tra sciiti e sunniti». Gli estremisti sunniti in Iraq hanno occupato quello che una volta era il principale sito di produzione delle armi chimiche del regime di Saddam Hussein. Lo riporta il Wall Street Journal citando alti responsabili dell'amministrazione Obama. Il complesso conterrebbe ancora una scorta di vecchie armi.

A una conferenza a Londra, riferisce la stampa Usa, Petraeus ha accusato il governo iracheno presieduto di Maliki di "minare" la riconciliazione interconfessionale. «Non si può avere dal 18 al 20% della popolazione che si sente diseredato, che non ha alcuna partecipazione» ha affermato Petraeus. «Se l'America deve dare un sostegno - ha detto ancora - sarà un sostegno ad un governo contro l'estremismo, piuttosto che ad una parte contro l'altra in quella che potrebbe essere una guerra civile interconfessionale».

Nyt, politici iracheni verso rimozione al Maliki con l'appoggio Usa
A proposito di stampa americana, secondo il New York Times, "la soluzione" potrebbe essere l'esautoramento di al-Maliki. Dopo l'avanzata jihadista e nel timore di un vasto sollevamento sunnita, i leader politici iracheni starebbero manovrando attivamente per sostituire il primo ministro Nuri al Maliki, incoraggiati anche da un chiaro sostegno americano in tal senso. Lo affermano funzionari Usa e iracheni citati dal New York Times, secondo cui uno dei potenziali candidato premier che potrebbe avere il sostegno di sunniti, curdi e della maggioranza sciita sarebbe il chiacchierato Hamad Chalabi.

Negli ultimi giorni, scrive il Nyt, l'ambasciatore americano Robert Beecroft, assieme a Brett McGurk, il più alto funzionario del Dipartimento di Stato per l'Iraq e l'Iran, si è incontrato con Osama al Nujaifi, presidente del Parlamento ed influente leader sunnita, che nelle ultime ore ha ricevuto anche una telefonata dal vice presidente Joe Biden. Beecroft e McGurk hanno inoltre visto lo stesso Chalabi, sciita, vecchia conoscenza degli Usa, già beniamino della Casa Bianca ai tempi dell'amministrazione di George W. Bush e leader del Congresso nazionale iracheno. «Brett e l'ambasciatore si sono incontrati ieri con Nujaifi e sono stati chiari, non vogliono che Maliki rimanga» ha affermato Nabil al-Khashab, maggior consigliere politico di Nujaifi. «Non permetteremo un terzo mandato per il primo ministro (al Maliki ndr); devono cambiarlo, se vogliono che le cose si calmino».

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