Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 21 giugno 2014 alle ore 08:13.
L'ultima modifica è del 01 luglio 2014 alle ore 18:16.

My24

ROMA - I venti emendamenti condivisi alla riforma del Senato e del Titolo V a firma dei relatori Anna Finocchiaro (Pd, presidente della commissione Affari costituzionali del Senato) e Roberto Calderoli (Lega) sono stati depositati ieri sera proprio quando in Senato si stava diffondendo la voce di uno slittamento a lunedì. Il via libera di Forza Italia è dunque arrivato, e un po' prima del previsto. A dare l'annuncio della "svolta" è Calderoli: «Chi l'ha dura la vince! Alla fine andiamo verso un vero Senato delle autonomie come quello tedesco dotato di pieni poteri, le regioni incrementeranno la propria autonomia e finalmente i principi del federalismo fiscale saranno costituzionalizzati». Le cose non stanno esattamente così per il premier Matteo Renzi, che subito precisa: «Calderoli prova a rigirare la frittata facendo finta di aver vinto – dice il premier parlando con i suoi collaboratori –. Ma chi conosce la vicenda sa come sono andate le cose: il Senato non sarà elettivo; infrastrutture, energia, commercio con l'estero, promozione turistica sono materie che passano dalle Regioni allo Stato; il Cnel viene abolito; le indennità dei consiglieri regionali diventano come quelle dei sindaci». Si tratta dunque di «un ottimo punto di arrivo», conclude Renzi con soddisfazione. «La Lega era tagliata fuori dal patto tra la maggioranza e Forza Italia e adesso prova a mettere la sua bandierina. Facciano pure, se hanno bisogno di visibilità: a noi interessano le riforme».

L'impianto della riforma, dopo l'asse rinsaldato con Fi, resta dunque quello "renziano", anche se il premier ha dovuto cedere su una minore presenza dei sindaci nel nuovo Senato. Come anticipato dal Sole 24 Ore nei giorni scorsi la nuova Camera delle Autonomie, che non darà la fiducia al governo superando decenni di bicameralismo perfetto, sarà composta da soli 100 membri invece dei 143 previsti inizialmente dal testo del governo: 74 consiglieri regionali, 21 sindaci e 5 nominati da capo dello Stato per la durata di 7 anni. L'elezione, rigorosamente di secondo livello, avverrà nell'ambito dei consigli regionali con modalità che saranno stabilite da una prossima legge di attuazione. Quanto ai poteri del nuovo Senato, il bicameralismo resterà solo per le modifiche costituzionali, per le leggi elettorali e per i referendum: su tutto il resto legifererà la sola Camera dei deputati. Con la riforma del Titolo V si cancella inoltre la legislazione concorrente e molte materie di interesse nazionale tornano sotto l'egida dello Stato, a cominciare da energia e grandi reti infrastrutturali. La concessione alla Lega (da qui, forse, il "vanto" di Calderoli) riguarda il ritorno, rispetto al testo del governo, di una compartecipazione delle Regioni alla gestione e all'organizzazione in materie come ambiente, beni culturali e turismo (si veda l'articolo in pagina). Concessione che potrebbe in effetti mantenere in parte aperta la porta del contenzioso tra Stato e Regioni davanti alla Consulta. Tra le novità dell'ultima ora la previsione di un giudizio di costituzionalità preventivo da parte della Consulta sulle leggi elettorali («mai più un Parlamento in sospetto di costituzionalità», spiega il capogruppo del Pd in Senato Luigi Zanda riferendosi alla recente bocciatura del Porcellum). Altra novità – che sicuramente farà discutere – è l'introduzione dell'immunità, nel testo del governo prevista solo per i deputati, anche per i nuovi senatori.

L'accordo con Fi ha tenuto e terrà, dunque. E come lascia chiaramente intendere la ministra per le Riforme Maria Elena Boschi è un accordo che comprende anche l'Italicum e il suo impianto bipolarista garantito dal ballottaggio nazionale: «Non si cambia partner all'ultimo momento – ha detto Boschi a proposito dell'incontro di mercoledì con la delegazione del M5S –. Eventuali modifiche possono essere prese in considerazione solo se saranno condivise dalle altre forze che hanno contribuito sin qui alla legge elettorale e alle riforme». Ossia se saranno condivise da Fi. Era quello che voleva Berlusconi, timoroso di essere scavalcato dall'apertura dei grillini. Che rispondono con evidente nervosismo, nella consapevolezza di arrivare a giochi quasi fatti: «Diamo a Renzi l'opportunità di uscire da quel ricatto di Berlusconi che lui stesso disse esserci quando affermò che non c'era alternativa al Cavaliere - replica alla Boschi il deputato M5S Manlio Di Stefano -. Noi gli diamo un'alternativa: chiarisca se preferisce continuare con lui o aprirsi a un percorso nuovo con noi».
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi