Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 29 giugno 2014 alle ore 08:12.
L'ultima modifica è del 14 luglio 2014 alle ore 20:31.

My24

ROMA - Il percorso verso l'auspicata flessibilità europea passa attraverso un fitto calendario di impegni programmatici e misure concrete, già a partire da luglio, con l'accelerazione sull'iter di approvazione del decreto sulla Pa, i nuovi decreti legislativi attuativi della delega fiscale tra luglio e settembre (riforma di Equitalia, le norme sul fisco-amico, la definizione dell'abuso di diritto e la revisione delle sanzioni penali e amministrative in materia fiscale, la fatturazione elettronica), la riforma della giustizia e lo «sblocca cantieri». L'obiettivo è definire l'intero quadro già agli inizi di settembre, così da preparare il terreno alla prossima legge di stabilità di metà ottobre. La partita - fa sapere Matteo Renzi - si sposta «dall'Europa in Italia. Tocca a noi fare le riforme se vogliamo la flessibilità dall'Europa. Abbiamo modulato l'impegno sui mille giorni perché questo è l'orizzonte di cui necessitiamo». L'obiettivo è «spendere bene l'autorevolezza internazionale ed europea conquistata con il 41% e con le prime misure» ha spiegato il premier ai suoi, sottolineando che non intende farsi trascinare nelle polemiche, anche interne. «È una vittoria italiana - ha commentato il sottosegretario Graziano Delrio in riferimento al vertice Ue – aver aperto il dibattito nel merito delle questioni non solo sui nomi».

Prima tappa per il governo la Relazione al Parlamento che, in ossequio alla legge "rinforzata" attuativa del nuovo articolo 81 della Costituzione, dovrà aggiornare sugli scostamenti rispetto al quadro macroeconomico di aprile, con annesso il cronoprogramma di riforme strutturali che andranno approvate nei mesi successivi. I contenuti della Relazione che verrà inviata in Parlamento a fine agosto, saranno recepiti dalla Nota di aggiornamento del «Def» di metà settembre. Una volta definito il nuovo scenario macroeconomico, spetterà alla legge di stabilità recepire gli effetti finanziari delle riforme, con annessa la stima dell'impatto di ogni singola riforma sul Pil. Solo a quel punto, non appena si sarà insediata la nuova Commissione europea guidata da Jean-Claude Juncker (presumibilmente a novembre) si potrà avviare la trattativa per valutare - riforme alla mano - tempi e modalità del «miglior utilizzo della flessibilità», concordato dal Consiglio europeo del 26 e 27 giugno.

Trattativa che verterà sia su un diverso timing di rientro dal debito, pur mantenendo l'impegno a raggiungere il pareggio di bilancio nel 2016, sia il possibile utilizzo della «clausola di flessibilità» per la parte dei pagamenti della Pa che impatta sul deficit. Più complessa la partita degli investimenti cofinanziati dall'Unione europea. Di certo, se ci si atterrà, come peraltro previsto dal Programma nazionale di riforma e in linea dunque con le raccomandazioni rivolte lo scorso 2 giugno all'Italia dalla Commissione europea, al percorso di avvicinamento della agenda europea «2020», non dovrebbero insorgere ostacoli. Si tratterà di definire nel dettaglio tempi e modalità di realizzazione dei singoli interventi, con relativo conteggio della parte di cofinanziamento nazionale da scomputare eventualmente dal calcolo del deficit.

Per avviare la trattativa sulla nuova flessibilità che potrebbe accompagnare la politica di bilancio, occorre rispettare sia l'obiettivo di un deficit nominale ampiamente in zona di sicurezza (già un saldo a ridosso del tetto massimo del 3% potrebbe costituire un ostacolo), sia il tragitto di avvicinamento all'obiettivo di medio termine. Poiché la disciplina di bilancio è ancora pienamente operativa, sia per quel che riguarda il Patto di stabilità che per quanto concerne il combinato di Fiscal compact, Six Pack e Two Pack, i margini di flessibilità andranno conquistati tutti sul campo. Se continueremo a mantenerci al di fuori della procedura d'infrazione per disavanzo eccessivo, confermando il timing verso il pareggio di bilancio, si potrà applicare quel margine di flessibilità già previsto dai Trattati per i paesi che rientrano nel cosiddetto «braccio preventivo» del Patto di stabilità. A patto che governo e Parlamento siano effettivamente in grado di approvare e rendere operative le riforme strutturali annunciate, dal fisco al mercato del lavoro, dalla pubblica amministrazione alla giustizia civile.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi