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Questo articolo è stato pubblicato il 29 giugno 2014 alle ore 19:06.
L'ultima modifica è del 07 febbraio 2015 alle ore 11:14.

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I terroristi del gruppo Stato islamico dell'Iraq e del Levante (Isis) - feroci e intransigenti jihadisti sunniti che combattono fra Iraq e Siria, costituiscono una sigla separata rispetto ad al-Qaeda e fanno largo uso del web - hanno proclamato un «califfato islamico»: il riferimento è a quel sistema di regole finito circa cento anni fa con l'Impero Ottomano. L'Isis lo annuncia in una registrazione audio diffusa sul web, nelle ore in cui inizia il Ramadan in Siria, e specifica anche che il capo del califfato sarà il loro misterioso leader, Abu Bakr al-Baghdadi. La notizia è confermata da Site, sito che monitora le attività dei gruppi terroristici su internet, secondo cui il califfato oggi proclamato si chiamerà semplicemente IS, Stato Islamico. (qui la dichiarazione in inglese dell'Isis).

L'Isis sembra anche responsabile di aver giustiziato otto uomini in Siria prima di crocifiggerli in pubblico in un villaggio nella provincia di Aleppo, riferisce l'Osservatorio siriano dei diritti dell'Uomo: non è la prima volta che l'Isis (o Isil) giustizia così chi ritiene a vario titolo "infedele". Un altro uomo, crocefisso nella provincia di Aleppo, ad Al-Bab vicino al confine con la Turchia, è stato più fortunato ed è riuscito a sopravvivere alle otto ore di supplizio.

I primi aerei russi intanto sono arrivati nella capitale irachena. Baghdad ha assicurato che i primi cinque velivoli russi - altri sette sono in arrivo - "saranno operativi nei prossimi tre o quattro giorni" e "svolgeranno un ruolo importante nella lotta al terrorismo".

Nelle stesse ore, la Lega araba e l'Organizzazione per la cooperazione islamica lanciano un appello per una tregua in Siria durante il Ramadan, che comincia oggi nel Paese mediorientale, in modo da agevolare il lavoro delle organizzazioni umanitarie. I segretari generali delle due organizzazioni, Nabil al Arabi e Iyad al Madani, hanno diffuso un comunicato congiunto in cui chiedono «a tutte le parti militari» che combattono in Siria di astenersi da qualsiasi azione armata durante il mese di digiuno. Al Arabi e Al Madani hanno anche chiesto a tutte le forze regionali e internazionali influenti sulla scena siriana di sostenere questa iniziativa.

Israele cerca la sponda curda
Questi nuovi fermenti nella regione e dentro il mondo islamico preoccupano Israele. Il premier israeliano Benyamin Netanyahu tende una mano ai curdi, argine dell'avanzata islamista nella regone definendoli «un popolo di combattenti che merita indipendenza», e annuncia che contro l'ondata dell'Islam radicale «sarà necessario costruire gradualmente una Barriera di sicurezza anche ad Est, da Eilat fino alla Barriera che abbiamo già costruito sulle alture del Golan»: la valle del Giordano, ha chiarito il premier, rappresenta il «confine di sicurezza» per Israele. (an. man.)


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