Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 30 giugno 2014 alle ore 08:58.
L'ultima modifica è del 02 luglio 2014 alle ore 10:11.

My24
I soccorsi all'uomo che si è dato fuoco per protesta (Ap)I soccorsi all'uomo che si è dato fuoco per protesta (Ap)

TOKYO – Per la prima volta nella storia, un uomo si è dato fuoco per protestare contro il cambiamento di una interpretazione normativa. Non è un bonzo, non sta in un Paese in guerra: è un maturo cittadino giapponese che, in giacca scura e cravatta, ieri pomeriggio nella tranquilla e civilissima Tokyo è salito sui sostegni di un cavalcavia pedonale all'uscita sud della stazione pendolari più trafficata del mondo, Shinjuku, e dopo aver arringato i passanti con un megafono ha preso una bottiglia colma di benzina e si è dato fuoco. Centinaia di testimoni sono passati dalla curiosità all'orrore. Immediatamente soccorso, è stato portato in ospedale e sembra che se la caverà. Le autorità sono molto parche nel dare particolari, ma il suo gesto è stato filmato e diffuso su Internet e varie persone hanno twittato che si era scagliato contro i tentativi in corso di svuotare la Costituzione pacifista del Paese.

Proprio domani il Gabinetto dovrebbe approvare un cambiamento di interpretazione costituzionale che consentirà al Paese la cosiddetta "difesa collettiva" in alcune circostanze. Il Partito Liberaldemocratico guidato dal premier Shinzo Abe sta esercitando enormi pressioni sull'alleato New Komeito (filiazione politica dell'organizzazione buddista Soka Gakkai) perche' concordi su un mutamento epocale che consentira' alle Forze di Autodifesa giapponesi di agire non solo di fronte a un attacco diretto, ma anche a sostegno di alleati sotto attacco. Il premier Abe insiste sul fatto che sia una misura necessaria, in relazione ai cambiamenti (in peggio) nel contesto di sicurezza regionale e globale. Si tratta inoltre di un diritto riconosciuto dall'Onu a tutti gli Stati. Ma e' chiaro che non e' tanto un problema di normalizzazione giuridica, bensi' una spinosa questione politica. Secondo molti oppositori, il cambiamento segnerebbe la fine del Giappone cosi' come e' stato riconosciuto e apprezzato finora per tutto il Dopoguerra: un campione di pacifismo e uno Stato-esempio per tutti, che non ha mai sparato e ucciso per quasi 70 anni (ne' ha avuto vittime in divisa oltre i suoi confini). C'e' chi teme che in futuro Tokyo sara' coinvolta in qualsiasi nuova guerra americana e qualcuno cita l'esempio dell'Italia, che pur avendo anch'essa una Costituzione molto pacifista e' stata trascinata in nome della difesa collettiva (nel suo caso, pero', formalizzata dall'appartenenza alla Nato) in numerosi operazioni militari all'estero, dall'Irak all'Afghanistan, dalla Serbia alla Libia.

Washington e' in favore del cambiamento, in direzione di un "ruolo piu' attivo" del Giappone nella sfera della sicurezza internazionale, mentre la Cina si oppone con veemenza all'idea che militari nipponici possano tornare a sparare anche al di fuori del caso estremo di un attacco diretto all'arcipelago. L'obiettivo ultimo di Abe e' quello di cambiare la Costituzione ultrapacifista promulgata sotto occupazione americana (in particolare l'articolo 9 di rinuncia alla guerra), ma non avendo i numeri parlamentari (due terzi in entrambe le Camere) ha deciso di procedere per modifiche ufficiali di interpretazione governativa (alcuni giuristi ritengono incostituzionale questo approccio). Gli ultimi sondaggi indicano che una maggioranza dei giapponesi preferirebbe lo status quo. A Tokyo sono frequenti piccole manifestazioni di oppositori. Ma i gesti eclatanti di protesta sono molto rari: i ricordi vanno al lontano 1970, quando lo scrittore Yukio Mishima commise un "seppuku" rituale subito dopo aver arringato gli uomini in divisa al quartier generale delle Forze di Autodifesa. Ma la sua fu una protesta di segno contrario: per lui, appunto, era inaccettabile un Giappone post-bellico improntato a un pacifismo imbelle del tutto contrario alla tradizione imperiale.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi