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Questo articolo è stato pubblicato il 01 luglio 2014 alle ore 07:11.
L'ultima modifica è del 01 luglio 2014 alle ore 15:46.

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La provocazione di Buenos Aires
Un altro punto importante non chiarito riguarda la cosiddetta clausola «Rufo» (Rights Upon Future Offers, ovvero i diritti sulle offerte future) che scade il 31 dicembre 2014 e che Buenos Aires teme che si possa ritorcere contro se si accordasse ai creditori «ribelli» il pagamento totale dei bonds: «a questo punto tutti i creditori che hanno accettato la precedente ristrutturazione potrebbero legittimamente pretendere gli stessi diritti, ovvero il pagamento in toto, vanificando di fatto la ristrutturazione del debito operata dal Paese sudamericano e provocando un nuovo default», aggiunge Giani. In realtà, secondo il fondo Nml, questo argomento sollevato da Buenos Aires sarebbe soltanto una mera provocazione perché la clausola Rufo varrebbe soltanto se l'Argentina proponesse volontariamente condizioni migliorative ad alcuni dei suoi creditori e non nel caso in cui il pagamento fosse imposto dal tribunale per onorare una sentenza.

Duello fra creditori
La matassa è resta quindi ancora piuttosto aggrovigliata. «Nonostante il tempo scorra velocemente – sostiene Giani – la soluzione migliore sarebbe forse quella dell'apertura di un negoziato, con un versamento parziale ed una "sospensione" della scadenza, ma è un compromesso di cui facciamo però fatica a vedere i termini». E anche un bel paradosso: i risparmiatori italiani "ribelli", che stanno portando avanti la propria causa presso l'Icsid, potrebbero grazie al precedente che si è creato avvantaggiarsi della sentenza favorevole emessa dalla Corte Suprema di New York, mentre quelli che a suo tempo hanno aderito alla ristrutturazione rischiano di rimanere danneggiati. «Qualora infatti l'Argentina venisse oltremodo costretta a pagare tutto e subito - sottolinea Giani - potrebbero delinearsi i presupposti di un ulteriore default sul debito già ristrutturato, ipotesi quest'ultima che la premier Fernandez ha per ora categoricamente smentito».

Mercati in attesa
Intanto gli investitori internazionali non sembrano mostrarsi particolarmente preoccupati, almeno stando a quanto si vede sui sui rendimenti delle obbligazioni ragentine in dollari, sui Cds e sul listino azionario, dove tutti gli indicatori segnalano al momento un ritorno alla quiete dopo l'iniziale volatilità post-sentenza. Ma gli occhi sono ugualmente tutti puntati sui tribunali, sia sull'udienza in corso a Washington e relativa alla specifico ricorso presentato da parte dei 50mila italiani che non hanno aderito al concambio, sia in relazione allo sviluppo dell'eventuale negoziato tra Argentina e i cosiddetti fondi «avvoltoi». Potrebbero emergere novità importanti in grado anche di accontentare gli uni a scapito degli altri: sarebbe l'ennesima puntata di una vicenda che di beffe e colpi di scena ne ha visti tanti negli ultimi anni.

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