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Questo articolo è stato pubblicato il 01 luglio 2014 alle ore 06:41.

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Siamo ai tempi supplementari. Ieri, 30 giugno 2014, è scattato il "periodo di grazia", che durerà fino al 30 luglio. Poi l'Argentina potrebbe cadere in un default tecnico. Sarebbe una sconfitta durissima per il Paese ma anche per l'intero sistema finanziario internazionale.
Una partita in cui ai colpi bassi non seguono le ammonizioni. Le squadre in campo sono due: il governo di Buenos Aires, guidato da Cristina Fernandez de Kirchner, e i fondi avvoltoio americani. L'arbitro è un giudice di 84 anni, Thomas Griesa, americano.
La partita è avvincente ma il dopopartita potrebbe lasciare sul campo morti e feriti, finanziariamente parlando. Ieri il Governo argentino avrebbe dovuto pagare 395milioni di euro, attraverso la Banca di New York Mellon, ai possessori di titoli che hanno accettato la ristrutturazione del debito nel 2005 e nel 2010. Buenos Aires vorrebbe effettuare il rimborso e ha versato la quota nei forzieri della banca che fa da intermediario. Ma Thomas Griesa ha ordinato, tramite una sentenza della Corte Suprema, di pagare prima 1,33miliardi di dollari agli hedge funds che non hanno accettato il concambio del 2003 e 2005 e oggi chiedono il rimborso completo degli investimenti. Altamente speculativi. L'Argentina si oppone.
Le ultime due giocate sono state queste: l'hedge fund Elliot, fondato da Paul Singer, ha attaccato il governo argentino nella disputa sul debito e lo accusa di «rifiutare ogni negoziato» per scongiurare il default del paese. Gli avvocati del fondo Elliot hanno dichiarato di esser «pronti a parlare», ma «non ci sono negoziati e non ci sono stati, il governo rifiuta di impegnarsi a negoziare in futuro».
Il Governo di Buenos Aires ha replicato con un annuncio a pagamento su vari giornali internazionali tra cui La Repubblica: «Argentina paga». Il governo di Buenos Aires avvisa i creditori italiani che è pronto a rimborsare gli «investitori che hanno aderito volontariamente al concambio nel periodo 2005-2010».
L'Argentina ha poi giocato una mossa politica imprevedibile: la convocazione di un organismo sovranazionale. L'Organizzazione degli Stati americani (Osa) terrà giovedì a Washington una riunione straordinaria sulle conseguenze della recente sentenza degli Stati Uniti sul debito dell'Argentina, accogliendo una richiesta presentata da Buenos Aires.
La richiesta è stata approvata all'unanimità dai paesi membri dell'organismo, con l'eccezione degli Stati Uniti, che si sono astenuti.
All'incontro saranno presenti i ministri dell'Economia, Axel Kicillof, e degli Esteri, Hector Timerman. Il tema è «La ristrutturazione del debito estero: il caso dell'Argentina e le sue conseguenze sistemiche».
La comunità finanziaria internazionale è spaccata, due tifoserie contrapposte, pro Argentina, pro hedge funds. Inaspettatamente il più ascoltato commentatore del Financial Times, Martin Wolf, la scorsa settimana, ha scritto che se l'Argentina fosse costretta a ripagare i fondi avvoltoio «si prefigurerebbe un'estorsione supportata dal potere giudiziario americano».
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Lo scenario
Conto alla rovescia
Ieri scadeva il termine per il pagamento di 395 milioni di euro dovuto dall'Argentina ai detentori di titoli obbligazionari in seguito alle ritrutturazioni del 2005
e del 2010
Il blocoo disposto da una corte Usa ha impedito a Buenos Aires di rispettare i termini e il Paese viaggia verso il default tecnico, che scatterà il 30 luglio
La corte Usa ha imposto all'Argentina il pagamento contestuale degli hedge fund che non hanno aderito al concambio

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