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Questo articolo è stato pubblicato il 01 luglio 2014 alle ore 11:59.
L'ultima modifica è del 01 luglio 2014 alle ore 12:01.

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Un vero e proprio ring, virtuale s'intende. L'Argentina e gli hedge funds americani si affrontano ogni giorno a suon di comunicati che hanno il sapore di vere e proprie dichiarazioni di guerra finanziaria. Sullo sfondo lo spettro di un default tecnico dell'Argentina. Da oggi inizia il "periodo di grazia" che estende al 30 luglio il tempo limite per pagare 1,33 miliardi di dollari agli hedge funds, una somma che Buenos Aires ritiene ingiusta e ingiustificata, ma che la Corte suprema americana ha sancito come legittima.

Oggi il Governo argentino ha designato una delegazione che il 7
luglio a New York incontrerà Daniel Pollack, lo special master americano nominato per gestire e facilitare i contatti tra Buenos Aires e gli hedge funds.
Lo ha reso noto il ministero argentino dell'Economia, senza precisare i
nomi della delegazione argentina, ricordando che con questo annuncio, Buenos Aires ha « confermato la propria vocazione a negoziare in condizioni giuste, eque e legali che rispettino gli interessi del 100% dei creditori. Ciò significa permettere il
rimborso ai possessori dei bond ristrutturati relativo alle scadenze in corso ».
L'annuncio del governo è stato diffuso qualche ora dopo la dichiarazione dell'hedge fund Elliot, fondato da Paul Singer, il quale ha accusato Buenos Aires di "rifiutare ogni negoziato" per scongiurare il default del paese.

La tensione è molto alta perché la sentenza della Corte americana, presieduta da Thomas Griesa, stabilisce che Buenos Aires potrà pagare le cedole di chi ha sottoscritto il concambio (nel 2005 e nel 2010) solo dopo aver pagato 1,33 miliardi di dollari agli hedge funds. L'Argentina vorrebbe invece onorare subito le scadenze della ristrutturazione del suo debito. Una controversia complessa che giovedì verrà affrontata in una riunione straordinaria dell'Osa, l'Organizzazione degli stati americani.

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