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Questo articolo è stato pubblicato il 02 luglio 2014 alle ore 07:33.

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(Corbis)(Corbis)

A suo modo, è una magia. Degna di Mandrake e perfettamente legale. Da una parte, ci sono i debiti pubblici, che continuano a salire come uno tsunami in tutto il globo. Guardiamo i dati della Banca Mondiale: nell'Unione europea il rapporto debito/Pil è passato dal 42% del 2007 al 70% del 2012, negli Stati Uniti è balzato dal 55,6% al 93,8%. E in Italia, nonostante l'austerity, è salito dal 104,3% del 2007 a quasi il 136% (stima del Centro studi Confindustria per la fine del 2014.

Da qui l'incremento generalizzato delle tasse un po' dappertutto. Anche nella superpotenza mondiale: negli Stati Uniti, la pressione fiscale sulle persone fisiche in rapporto al Pil è aumentata dall'8% del 2010 al 10% di adesso.

Dall'altra parte, ci sono i colossi. Le multinazionali globali americane, digitali e non. Per loro il percorso è esattamente l'opposto: pagano meno tasse. La corporate tax effettiva negli Stati Uniti, in calo dagli anni Cinquanta, è oggi al 21%. Ma le multinazionali globali hanno saputo fare anche meglio, come ha sottolineato di recente il chief strategist di Pictet Asset Management in un contributo sul Financial Times. Un report commissionato nel 2013 dal G20 ha dimostrato che, attraverso alchimie fiscali e societarie perfettamente legali, le più grandi società mondiali hanno pagato meno del 5% di tasse.

Naturalmente le ardite triangolazioni per abbattere le tasse (come l'ormai mitico "Double Irish") passano dall'estero, con il risultato che centinaia di grandi aziende statunitensi hanno accumulato oltreconfine un tesoro che secondo le stime di Bloomberg sfiora i 2mila miliardi di dollari, poco meno dell'intero debito pubblico italiano. E si guardano bene dal rimpatriarlo. L'esempio classico è quello di Apple, che qualche mese fa ha lanciato un bond da 17 miliardi di dollari pur avendo liquidità in cassa per 150 miliardi di dollari (di cui 130 miliardi all'estero).

Il fenomeno è singolare: il debito pubblico Usa aumenta, le famiglie statunitensi vengono chiamate a pagare più tasse, ma i colossi della "corporate America" dribblano la stretta con la classe di un campione come Messi, versando tasse ridicole rispetto ai fatturati. E per di più pagandole all'estero.

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