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Questo articolo è stato pubblicato il 02 luglio 2014 alle ore 06:36.

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Dopo 5 anni da commissario all'industria, Antonio Tajani (foto) ha lasciato questa settimana la Commissione europea. Eletto al Parlamento europeo, ne è diventato ieri primo vice presidente nel giorno in cui Martin Schulz è stato confermato alla guida dell'assemblea. Nell' intervista al Sole 24 Ore, Tajani, 60 anni, compie un bilancio dei suoi anni a Bruxelles; tratteggia un possibile piano d'azione per la presidenza italiana dell'Unione nei prossimi sei mesi; e suggerisce al governo Renzi di puntare su un portafoglio economico nel nuovo esecutivo comunitario.

Quale è il suo successo più visibile in questi anni di commissario?
L'Europa è tornata finalmente ad avere una propria politica industriale. Per anni si è parlato di desertificazione industriale, di era post-industriale. Erano gli anni della liberalizzazione finanziaria e delle bolle borsistiche. Le cose sono finalmente cambiate. In marzo, il Consiglio europeo ha fatto propria la comunicazione presentata dalla Commissione a favore di un rilancio di una industria che sia moderna, competitiva, meno inquinante.
In particolare, in quali campi si è impegnato in questi anni?
Nell'ultimo quinquennio, ho presentato piani d'azione comunitari per l'acciaio, la cantieristica, l'auto, lo sport, la moda, il turismo, le costruzioni. Ho compiuto in questi anni una ventina di missioni internazionali per promuovere l'industria e l'internazionalizzazione delle imprese. Sul fronte spaziale, stiamo lanciando in orbita una rete di satelliti europei.
L'Italia ha assunto da ieri la presidenza semestrale dell'Unione. È una presidenza di transizione, tra la Commissione Barroso e la Commissione Juncker. Quanto può fare il governo realisticamente?
Molto. Nei prossimi sei mesi, ci sono tre campi in cui il governo Renzi può agire: promuovere la strategia del Made in; adottare nuove regole più flessibili sui visti; e fare dell'immigrazione un tema sempre più europeo.
Cominciamo dal «Made in...».
Il Parlamento europeo ha votato a favore dell'etichettatura sulla provenienza dei prodotti extra-industriali. Sappiamo che molti paesi non sono d'accordo, come la Germania, ma c'è ora lo spazio per cercare un compromesso nel Consiglio tra le diverse sensibilità nazionali.
Sul fronte dei visti?
Insieme al commissario agli affari interni, Cecilia Malmström, ho presentato un testo legislativo che prevede una liberalizzazione nella concessione dei visti per entrare nello spazio Schengen. È possibile trovare un accordo con Parlamento e Consiglio prima dell'inaugurazione dell'Esposizione universale a Milano. Si calcola che nuove regole possano promuovere i viaggi verso l'Europa e creare fino a 250mila nuovi posti di lavoro.
Infine, cosa può fare veramente l'Italia per migliorare la collaborazione europea nella lotta contro l'immigrazione clandestina?
Il governo Renzi deve far sì che la questione diventi un aspetto centrale nella prossima Commissione Juncker. C'è bisogno di maggiore coinvolgimento dei partner europei.
Nel più lungo termine, quali sono i campi che richedono maggiore attenzione da parte della prossima Commissione?
Prima di tutto, le regole sulla concorrenza vanno cambiate. Sono in vigore quelle degli anni 50 e 60 quando la Cina, il Brasile, la Russia, il Sudafrica, l'India praticamente non esistevano sulla scena internazionale. Le regole di oggi servono a garantire la libera concorrenza nel mercato interno. Non tengono conto della nuova competizione globale.
Durante l'ultimo Consiglio europeo, i paesi si sono messi d'accordo per applicare con flessibilità il Patto di Stabilità. È una vera novità?
Non mi sembra proprio. Tutto ciò che è stato detto e scritto è lodevole, ma il Patto è già oggi applicato con flessibilità. In questi anni, la Commissione ha applicato le regole con discrezionalità, anche nei confronti dell'Italia. Per esempio, ricordo la lettera che ho scritto al governo nel marzo 2013 insieme all'allora commissario per gli affari economici Olli Rehn in cui spiegavamo che avremmo accettato un aumento del deficit pubblico in presenza del pagamento dei debiti arretrati della pubblica amministrazione.
In base alla sua esperienza, a quale posizione dovrebbe aspirare l'Italia nella prossima Commissione Juncker?
A quella di commissario per il commercio internazionale. Quest'ultimo dovrà firmare importanti accordi di libero scambio, con gli Stati Uniti, il Canada il Giappone, e potrebbe continuare sulla strada imboccata in questi anni in campo economico. Leggo sulla stampa che il governo vorrebbe nominare un suo esponente Alto rappresentante per la Politica estera e di Sicurezza. Sarebbe un errore. Significherebbe abbandonare Bruxelles. L'attuale rappresentante, Catherine Ashton, è stata molto spesso assente dalle riunioni del collegio perché impegnata all'estero.
© RIPRODUZIONE RISERVATAPIÙ VOTATO DI SCHULZ Tra Bruxelles e Strasburgo
Antonio Tajani, 60 anni, eletto all'Europarlamento nelle file di Forza Italia, nella Commissione uscente è stato titolare dell'Industria e vicepresidente, in carica dal 2009. Nel 2008 aveva ricoperto il ruolo di commissario ai Trasporti.
Ieri è stato eletto vicepresidente del Parlamento europeo: tra i 14 vice da eleggere, sei dei quali appartenenti ai Popolari (partito di maggioranza relativa) Tajani è stato il più votato con 452 preferenze, più delle 409 per il presidente Schulz. Diventa così vicepresidente vicario dell'aula di Strasburgo.

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