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Questo articolo è stato pubblicato il 04 luglio 2014 alle ore 06:41.
L'ultima modifica è del 05 luglio 2014 alle ore 13:29.

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Il cadavere è stato trovato lungo il corridoio dell'ingresso di casa, in via Gandolfi, alla Camilluccia, una delle zone più chic di Roma. Silvio Fanella, 41 anni, soprannominato "il nero", è stato freddato con un proiettile di revolver al petto. Un omicidio il cui movente sarebbe da ricercare nel maxi processo Telecom Italia Sparkle e Fastweb, in cui era inquadrato come il "cassiere" dell'imprenditore Gennaro Mokbel e che gli era costata a ottobre scorso una condanna a 9 anni per associazione a delinquere transnazionale e riciclaggio.

Alla Procura della Repubblica di Roma le bocche sono serrate. L'inchiesta, coordinata dal procuratore capo Giuseppe Pignatone, dall'aggiunto Michele Prestipino (coordinato della Direzione distrettuale antimafia) e dal sostituto Paolo Ielo procede a passo svelto. Perché gli omicidi, secondo regola investigativa, si devono risolvere sempre in tempi ristretti. Al momento nel registro degli indagati è finito Giovanni Battista Ceniti, 29 anni, uno del commando di fuoco che ha fatto irruzione nell'abitazione di Fanella alle 9 di ieri mattina. Ex responsabile di zona di Casa Pound a Verbania, Ceniti è stato allontanato tre anni fa dal movimento per contrasti politici, come ha voluto precisare il leader Gianluca Iannone. L'uomo è finito all'Ospedale Gemelli, in quanto nel corso della sparatoria sarebbe stato raggiunto da un proiettile rimbalzato dalla stessa arma che ha ucciso Fanella. Stando all'accusa preliminare formulata dai magistrati, è in stato di fermo con l'accusa di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione.

Il suo interrogatorio potrà, eventualmente, chiarire tutti i contorni della vicenda, anche se al momento è in stato di incoscienza nel reparto di rianimazione, in seguito a un intervento chirurgico. Di certo c'è che il commando di fuoco sarebbe stato formato da almeno altri due soggetti, riusciti a fuggire a bordo di una Fiat Croma grigia rubata nei giorni scorsi e abbandonata dopo l'omicidio nelle vicinanze della Corte d'Appello di Roma. Ma andiamo con ordine. L'inchiesta è affidata agli investigatori della Squadra mobile, coordinati dal dirigente Renato Cortese. Nessuna pista specifica è scartata, anche se quella legata al ruolo di Fanella nell'inchiesta Telecom Italia Sparkle e Fastweb sembrerebbe avere maggiore consistenza. Secondo gli atti processuali, risulta essere partecipe «all'associazione» in cui Fastweb spa (i cui dirigenti sono stati assolti) e Telecom Italia Sparkle «fungevano consapevolmente da cassa dalla quale estrarre somme di denaro oggetto di successivo riciclaggio». In particolare, come anche riconosciuto dal Tribunale di Roma con sentenza, Fanella avrebbe svolto il ruolo di «cassiere e contabile», attivandosi personalmente «per affittare cassette di sicurezza, anche attraverso prestanome, ad Hong Kong, in Inghilterra ed in Romania, ove occultare i proventi dell'illecita attività». Inoltre, «si attivava unitamente ad altri sodali per effettuare il riciclaggio dei compensi (le cosiddette "stecche") attraverso l'acquisto di diamanti che venivano occultati in cassette di sicurezza di Hong Kong, parte dei quali venivano trasportati in Italia, anche con il suo aiuto e, verosimilmente, destinati alle gioiellerie appositamente acquistate a Roma da parte dell'organizzazione».

Fanella, dunque, sarebbe stato un soggetto che avrebbe maneggiato parecchio denaro. Soldi che avrebbero fatto gola a tanti. Stando alla ricostruzione investigativa, infatti, già in passato era finito nel mirino di una banda di sequestratori di origine lucana, assoldati dall'organizzazione di Mokbel, di cui Fanella avrebbe fatto parte secondo l'inchiesta Telecom Italia Sparkle e Fastweb, in quanto si era appropriato proprio di denaro. Sulla vicenda fece luce la Procura della Repubblica di Potenza, attraverso una serie di intercettazioni telefoniche che chiarirono i contorni del tentativo di sequestro, non andato in porto. Ma, di fatto, l'inchiesta lucana ha posto un dato certo: Fanella aveva a disposizione somme di denaro fatte sparire su conti correnti esteri e di cui avrebbe potuto beneficiare una volta conclusa la pena ai domiciliari a 9 anni, che stava scontando.

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