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Questo articolo è stato pubblicato il 06 luglio 2014 alle ore 08:12.
L'ultima modifica è del 22 luglio 2014 alle ore 21:45.
Alleanze a... geometrie variabili. I rapporti politici, economici e soprattutto finanziari, si sa, non sono immutabili. Questa volta però sono sorprendenti: il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha espresso solidarietà all'Argentina nella vibrante polemica con gli hedge fund americani. L'acerrimo nemico Fmi, accusato di gravi responsabilità da Buenos Aires nel default del 2001, ora è schierato con il Paese sudamericano.
Domani iniziano le trattative tra i rappresentanti del Governo argentino e gli hedge funds.
Qual è la ragione di quest'imprevedibile alleanza? Lo scontro tra Buenos Aires e i "fondi avvoltoio" potrebbe sfociare, come noto, in un altro default del Paese sudamericano, questa volta di 120miliardi di dollari. Una cifra enorme che getterebbe l'Argentina nel baratro di un'altra depressione economica ma potrebbe provocare un'instabilità generalizzata in Sudamerica e forse contagiare anche altre piazze mondiali. Insomma uno scenario di pericolosissime turbolenze che spaventerebbe sia l'Europa sia gli Stati Uniti. Negli ultimi giorni l'Argentina ha ottenuto un notevole appoggio, a livello internazionale, nella sua battaglia contro gli hedge fund che non hanno accettato la ristrutturazione del suo debito.
Non solo dai Paesi latinoamericani riuniti in un vertice straordinario dell'Osa (Organizzazione degli Stati americani) ma anche da Francia e paradossalmente dagli Stati Uniti. L'Osa ha rilasciato una dichiarazione congiunta, in cui auspica che «l'Argentina possa continuare a onorare i suoi impegni pagando il suo debito e si possa arrivare a un accordo giusto, equo e legale con il 100% dei suoi creditori».
La Corte suprema americana ha emesso una sentenza che obbliga l'Argentina a ripagare interamente i fondi avvoltoio che hanno acquistato i titoli in default a un prezzo bassissimo e ora chiedono il rimborso completo del loro valore.
La prima conseguenza pratica di questa sentenza è stato il blocco del pagamento degli interessi ai detentori di titoli che hanno accettato il concambio dei bond argentini (nel 2005 e nel 2010) finché non ci sarà un accordo con gli holdout, e nonostante l'Argentina abbia depositato 539 milioni di dollari per coprire il pagamento dei bond ristrutturati alla scadenza prevista, ossia entro il primo luglio.
Infine l'Osa, nel suo comunicato finale, ha sottolineato che «risulta essenziale per la stabilità dell'architettura finanziaria internazionale che si garantisca che siano rispettati gli accordi fra debitori e creditori nel quadro della ristrutturazione dei debiti sovrani, permettendo che i pagamenti siano distribuiti secondo i termini accordati».
Il magistrato americano che ha convalidato la sentenza, Thomas Griesa, 84 anni, si è attirato gli strali di una parte consistente della comunità finanziaria mondiale; persino il più illustre editorialista del Financial Times, Martin Wolf, ha accusato gli hedge fund e parlato di «estorsione» ai danni dell'Argentina.
Intanto però il conto alla rovescia è iniziato: il 31 luglio 2014 termina il periodo di grazia, ovvero il tempo limite per onorare la sentenza e pagare il debito.
La trattativa tra le parti sarà difficile e complessa, guidata da uno "special master", un advisor nominato da Griesa. Una guerra finanziaria che alla vigilia del primo incontro clou è venata di ironia. «Il potere giudiziario americano è totalmente indipendente», dichiarano alcune lobbies finanziarie americane. «Sì, ma è dipendente dai fondi avvoltoio», replicano dalla Casa Rosada.
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