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Questo articolo è stato pubblicato il 07 luglio 2014 alle ore 09:17.
L'ultima modifica è del 07 luglio 2014 alle ore 10:51.

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La Germania è l'unica delle quattro semifinaliste ad aver puntato sulla squadra e non sui singoli: ogni giocatore svolge un compito ben preciso e, in modo molto tedesco, nessuno esce dalle regole imposte da Joachim Löw. Poco spettacolo, molta attenzione in ogni fase di gioco. Con in più un portiere che finora ha svolto il doppio ruolo di portiere e libero: più di una volta ha sbrogliato matasse intricate con interventi millimetrici al limite o anche fuori dall'area di rigore. Chi legge la cosa in modo negativo dice che, al primo errore, lascerà la porta spalancata agli avversari. Purtroppo è vero: l'unica strada per il Neuer in versione Franz Beckenbauer è non sbagliare mai.

A mio avviso le due grandi incognite per Olanda e Germania sono la condizione atletica dell'Argentina e la capacità di reazione del Brasile all'infortunio di Neymar. Gli arancioni potrebbero trovarsi di fronte avversari ancora più freschi di quanto non siano loro e per di più capaci di un gioco vischioso nel quale il pallone finisce per girare a vuoto, facendo girare a vuoto il centrocampo avversario. I tedeschi avranno di fronte un Brasile comunque diverso da quello visto finora: Löw non avrà punti di riferimento per impostare la gara, dovrà immaginarsi le mosse di Scolari e prevedere come i compagni di Neymar giocheranno senza lo loro stella.

Vada come vada, la Vecchia Europa sta portando a conclusione un Mondiale in Sudamerica migliore di quanto fosse nelle previsioni e nella leggi della cabala: vincere o perdere, a questo punto della competizione, può essere davvero questione di sfumature.

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