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Questo articolo è stato pubblicato il 08 luglio 2014 alle ore 06:37.
L'ultima modifica è del 13 agosto 2014 alle ore 20:14.

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ROMA - Il governo prova ad accelerare di fronte a una delle emergenze più drammatiche che ha di fronte: evitare di perdere tra 5 e 7 miliardi di fondi strutturali europei del ciclo di spesa 2007-2013 sui 21 miliardi che si devono spendere entro dicembre 2015.
Palazzo Chigi vara una prima ipotesi di riprogrammazione da 1,5 miliardi, sottraendo risorse a nove amministrazioni (centrali e regionali) in ritardo con i tempi del Piano azione coesione (Pac).

Le risorse vengono destinate a quattro interventi prioritari che il governo Renzi indica esplicitamente in una proposta inviata alle regioni: 500 milioni per interventi di valorizzazione territoriale, culturale e ambientale «in vista dell'Expo 2015», 105 milioni per la copertura finanziaria delle misure di sostegno al lavoro giovanile, mentre i restanti 850 milioni dovranno essere assegnati prioritariamente al piano dell'edilizia scolastica e alla «promozione della legalità».

La proposta di Palazzo Chigi, diramata formalmente il 1° luglio, dovrebbe andare all'esame della conferenza Stato-regioni: o almeno questa è la richiesta formale del governo. Non è escluso, però, che prima dell'espressione del parere (che per ora non è stato iscritto all'ordine del giorno della conferenza), vi sia necessità di un ulteriore confronto informale tra il governo e le regioni. Se le risorse soggette al taglio sono, infatti, le prime individuate come «fuori tempo» del cronoprogramma del Piano azione coesione, non c'è dubbio che da qui alla fine dell'anno l'operazione di riprogrammazione dei fondi Ue guidata dal governo dovrà essere molto più massiccia se si vorrà evitare il taglio delle risorse non spese da parte di Bruxelles. Anche perché i dati ufficiali di spesa riferiti a maggio (si veda Il Sole-24 Ore del 29 giugno) confermano la situazione drammatica con ben 19 programmi in ritardo rispetto ai target nazionali e 20,9 miliardi di euro ancora da spendere nei successivi 19 mesi. A fronte di questo impegno, la spesa certificata è cresciuta nei primi cinque mesi dell'anno soltanto di 1,6 miliardi.

La nota firmata dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, e inviata alla conferenza Stato-regioni fotografa in realtà una situazione precedente a questa e individua 38 azioni che interessano cinque amministrazioni centrali e quattro regionali in forte ritardo rispetto al cronoprogramma del Piano azione coesione, strumento con cui già il governo italiano dal 2012 aveva tentato di raddrizzare la situazione della spesa.

Il totale delle risorse da revocare individuato dalla nota ammonta a 1.459 milioni (si veda la tabella): in ritardo ci sono soprattutto la Regione siciliana (579 milioni), il ministero dell'Istruzione (500 milioni), il ministero delle Infrastrutture (245,5 milioni). Formalmente si tratta non solo delle azioni «con un ritardo di attuazione superiore a 12 mesi rispetto ai cronoprogrammi dichiarati» (che ammontano a 509,4 milioni), ma anche delle «azioni non rilevate» (per la mancata risposta delle amministrazioni titolari) per 667,4 milioni e delle «azioni senza cronoprogramma» per 282,3 milioni.

I 500 milioni per la valorizzazione territoriale «in vista dell'Expo» dovrebbero dare copertura alle norme del decreto legge 145/2013 che all'articolo 13, commi da 24 a 28, prevedeva l'assegnazione di fondi ai comuni con popolazione compresa fra 5mila e 150mila abitanti che presentassero progetti territoriali, ambientali e culturali connessi in qualche modo alla manifestazione milanese.

Si tratta di progetti di importo compreso fra 100mila e 500mila euro che - sul modello dei 6mila campanili - sarebbero finanziati in base a una graduatoria stilata dal ministro per la coesione in collaborazione con l'Anci, l'associazione nazionale dei comuni.

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