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Questo articolo è stato pubblicato il 08 luglio 2014 alle ore 13:44.
L'ultima modifica è del 08 luglio 2014 alle ore 17:13.

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Quando un primo ministro israeliano annuncia di prepararsi a una possibile operazione di terra, quando carri armati e uomini sono già dispiegati al confine, quando i razzi lanciati da Gaza colpiscono le periferie di così tante città in una sola notte, tra cui Beersheva, arrivando non lontano da Gerusalemme, il pericolo è che una rappresaglia si trasformi in una lunga operazione militare, fino a una vera guerra.

Nessuno si era fatto molte illusioni. Ma a questo punto la tregua, annunciata da Hamas il 4 luglio, che avrebbe visto la mediazione dell'intelligence egiziana, è fallita. In un circolo vizioso tante volte visto in questa regione contesa, le due parti si rinfacciano di aver dato il via alle ostilità. Ma questa volta la situazione ha quasi raggiunto un punto di non ritorno.

Sono troppi quegli 85 razzi dalla Striscia di Gaza lanciati nella notte tra lunedì e martedì dai miliziani palestinesi. E sono troppo vicine a Gerusalemme le località colpite. Troppi i continui raid israeliani sulla Striscia di Gaza (nella nuova operazione "Confine protettivo") e i nove miliziani uccisi lunedì in un solo raid mentre stavano scavando un tunnel, denuncia Hamas. Ricorrendo alla sua bellicosa retorica, il movimento islamico, divenuto padrone della Striscia di Gaza nel 2007, ha reso noto che, bombardando dal cielo e distruggendo cinque case civili la scorsa notte, «Israele ha varcato ogni linea rossa».

Sul fronte opposto, il premier Benjamin Netanyahu ha dato istruzioni all'esercito per un possibile offensiva terrestre nella Striscia. Lo riferisce il sito del quotidiano Haaretz citando una fonte ufficiale presente ad una riunione a Tel Aviv. «L'offensiva terrestre è sul tavolo e le istruzioni del premier sono prepararsi ad una profonda, lunga, continua e forte campagna a Gaza», ha detto. All'incontro hanno preso parte, tra gli altri, il ministro della Difesa, Moshe Yàalon, il capo di Stato maggiore della Difesa, Benny Gantz, e il direttore dello Shin Bet (l'agenzia d'intelligence interna), Yoram Cohen.

Israele è consapevole che Hamas ha rafforzato la sua capacità offensiva. L'esercito, che ha richiamato oltre 1.500 riservisti, ritiene sia in possesso ormai di 10mila razzi. Missili che, seppur in gran parte non sofisticati, potrebbero comunque causare gravi problemi alla popolazione israeliana. Tsahal, l'esercito israeliano, ha i mezzi e la tecnologia per infliggere un durissimo colpo ad Hamas. Potrebbe anche distruggere una volta per tutte il movimento islamico, accusato da Gerusalemme di essere uno sponsor del terrorismo, come ha più volte annunciato. I precedenti, tuttavia non giocano a suo favore. Le ultime operazioni militari contro la Striscia non hanno sortito gli effetti desiderati.

Quando lo ha fatto nel 2008, con l'operazione Piombo Fuso per rispondere ai continui lanci di razzi dei miliziani palestinesi, Hamas è poi risorta. E quando ci ha riprovato nel 2012, questa volta con l'operazione Colonna di nuvole, Hamas è rimasta saldamente al potere, anzi ha rafforzato il proprio arsenale. Se Gerusalemme vorrà davvero chiudere i conti con Hamas – o comunque ridurre in modo deciso e per un certo tempo la sua capacità offensiva - dovrà riportare i suoi carri armati e le sue truppe nel cuore di Gaza. Hezzedin al Qassam, il braccio armato di Hamas, non ha le capacità militari dei miliziani di Hezbollah. Ma negli ultimi anni, grazie agli istruttori militari inviati dall'Iran, ha migliorato molto l'addestramento delle sue unità (secondo alcune fonti oggi disporrebbe anche di mine e razzi anti carro) . In un'invasione di terra, l'enorme vantaggio tecnologico e militare di Tshal si ridurrebbe. Il prezzo da pagare in vite umane rischia di essere alto per Israele, forse insostenibile. Le vittime civili palestinesi sarebbero, probabilmente, ancora di più. Quest'ultima eventualità è una miccia in una polveriera mediorientale ormai fuori controllo.

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