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Questo articolo è stato pubblicato il 09 luglio 2014 alle ore 06:41.

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MILANO
Stavolta ad attaccare è il Procuratore capo: in una nota inviata ieri al Csm, Edmondo Bruti Liberati denuncia l'Aggiunto Alfredo Robledo di aver, «ancora una volta», violato l'esigenza di «riservatezza», «particolarmente rilevante in ragione della delicatezza del procedimento in questione», cioè il filone Mose (corruzione del generale della Gdf Emilio Spaziante) trasferito a Milano da Venezia.
Secondo Bruti, infatti, Robledo ha passato due atti, che dovevano rimanere riservati, al Procuratore generale Manlio Minale e da questi poi allegati alla sua nota del 4 luglio inviata al Csm contro Bruti. Si tratta del provvedimento con cui il Procuratore della Repubblica il 1° luglio ha assegnato a se stesso e coassegnato ai pm Orsi e Pellicano del pool anticorruzione il procedimento sul Mose. Quel provvedimento, «motivato ampiamente e dettagliatamente», è stato comunicato il giorno dopo, in via «riservata», «esclusivamente» a Robledo (coordinatore del pool) nonché a Orsi e Pellicano ma ora è diventato l'allegato n. 3 della nota di Minale, con tanto di attestazione di deposito presso la segreteria dell'Aggiunto. Così come l'allegato n. 2 è costituito da una mail inviata a Robledo il 18 giugno 2014 con alcuni omissis. A fronte di ciò, Bruti rileva anzitutto che su questi due atti il Procuratore generale non gli ha chiesto alcuna informazione ma, soprattutto, che «con la comunicazione ai soli tre destinatari si era cercato di conciliare l'esigenza di una motivazione esauriente con quella della riservatezza, particolarmente rilevante in ragione della delicatezza del procedimento in questione. Purtroppo - conclude la nota - la divulgazione sulla stampa ha vanificato tale esigenza di riservatezza». Parole che danno il segno di una misura ormai colma, al punto da lasciar presagire ulteriori sviluppi per mettere fine a questa guerra, non esclusa una possibile revoca (rientrante nei poteri del capo) della delega a Robledo del coordinamento del pool anticorruzione.
Il nuovo capitolo dello scontro in Procura (originato dalle note di Minale e Robledo) è stato assegnato alla VII commissione del Csm. Nel frattempo, ieri a Milano si è tenuta la riunione del Consiglio giudiziario, l'organismo di autogoverno locale della magistratura, tra i cui compiti rientra anche quello di vigilare sull'andamento degli uffici del distretto, segnalando al ministro l'esistenza di eventuali disfunzioni. Da quanto è trapelato il Consiglio avrebbe almeno parzialmente bocciato il metodo con cui Bruti Liberati ha deciso di istituire un'«area omogenea» delegata a seguire le vicende giudiziarie legate a Expo 2015 e di autoassegnarsene il ruolo di coordinatore. In dettaglio, secondo le indiscrezioni emerse, il Consiglio avrebbe stabilito all'unanimità di chiedere al Procuratore di riformulare il testo con il quale è stata istituita l'«area omogenea», in particolare nelle parti in cui si fa riferimento ai ruoli e alle valorizzazioni delle professionalità e delle competenze dei vari procuratori aggiunti. E, dunque, anche del ruolo di Alfredo Robledo, a capo del secondo dipartimento (reati nei confronti della pubblica amministrazione), di fatto estromesso dall'inchiesta sulla «piastra» dell'Expo e da altre vicende.
La «piccola, circoscritta polemica», come l'aveva definita Bruti Liberati nella lettera inviata due giorni fa ai suoi sostituti procuratori (nella quale annuncia di avere intenzione di chiedere al Csm la proroga del suo mandato in scadenza), si è riaperta di nuovo il 4 luglio con la nota del procuratore generale di Milano, Manlio Minale inviata contestualmente al Csm, al Consiglio giudiziario (di cui Minale è membro) e al Pg della Cassazione. Nota che si è aggiunta a quella dell'Avvocato generale Laura Bertolè Viale (3 luglio) e di Robledo (29 maggio).
Minale (superiore gerarchico sia di Bruti sia di Robledo) ha stigmatizzato il contenuto delle ultime tre circolari interne diramate da Bruti. Nella prima circolare, di fatto, il Procuratore vietava a Robledo di interrogare Angelo Paris e Antonio Rognoni, tra i principali indagati dell'inchiesta su Expo. Minale ha poi criticato la decisione di Bruti di assegnare a se stesso il coordinamento delle inchieste legate all'Expo e l'esclusione di Robledo dalla coassegnazione degli stralci dell'inchiesta veneziana sul Mose, giunti per competenza alla procura di Milano. Infine, non ha risparmiato obiezioni anche all'«indeterminatezza dell'ambito di operatività» dell'«area omogenea» dell'Expo».
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