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Questo articolo è stato pubblicato il 12 luglio 2014 alle ore 08:14.

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Stati che affondano, nuove ambiziose nazioni che nascono, califfati che spuntano con guerriglieri e terroristi più compatti di interi eserciti: è in corso una sorta di prima guerra mondiale del Medio Oriente che si combatte dai confini di Gaza alle porte di Baghdad lungo un arco della crisi che dalle coste del Mediterraneo si allunga fino al cuore della Mesopotamia, coinvolgendo la Turchia, l'Egitto, l'Iran e le monarchie arabe, dalla Giordania al Golfo. È una battaglia per il territorio, l'identità etnica e settaria, ma anche per le risorse più vitali, dal petrolio, all'acqua, all'elettricità.
I ribelli dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante (Isil) sono diventati petrolieri: quello che mancava ai sunniti iracheni per entrare nel grande gioco della spartizione delle risorse mesopotamiche con i curdi e gli sciiti. In Siria il nuovo califfo Abu Bakr al Baghdadi controlla i giacimenti di Deir Ez Zhor ed è in trattative con la compagnia statale Al Forqan per la manutenzione dei pozzi. In Iraq esporta petrolio con le sue autocisterne nella regione del Kurdistan guadagnando, si stima, un milione di dollari al giorno.
Ma anche i curdi iracheni, lanciati verso l'indipendenza, fanno i loro colpi di mano: dopo avere conquistato i pozzi di Kirkuk, i peshmerga si sono impadroniti di Bai Hassan - 500mila barili al giorno - cacciando senza troppi complimenti i rappresentanti della compagnia di Baghdad.
L'Isil si sta dimostrando più abile del previsto nel divide et impera mediorientale, sfruttando i contrasti feroci tra i curdi e il governo sciita di Nouri Al Maliki. A Nord si appoggia ai turcomanni, in un'area già epicentro di tensioni etniche, e ora punta a conquistare la città curda siriana di Kobani, alla frontiera con la Turchia. Se cade Kobani, l'Isil, che già controlla Raqqa con i suoi 200mila abitanti, potrà accerchiare Aleppo.
Il Medio Oriente non è solo petrolio. Per bere e mangiare occorre controllare fiumi, dighe, canali, centrali elettriche. L'Isil ha esteso la sua avanzata su ampi tratti del corso superiore del Tigri e dell'Eufrate, i due grandi fiumi che scorrono dalla Turchia al Golfo. L'Iraq e la Siria dipendono da questo bacino per l'acqua, l'agricoltura, l'industria. L'acqua sta diventando un bottino di guerra importante quanto e forse più del petrolio. Quel che resta dell'esercito iracheno difende la diga di Haditha e la sua centrale sull'Eufrate: se cade in mano al nuovo califfo l'Isil spegnerà la luce a Baghdad e potrà lanciare la temuta offensiva sulla capitale.
Nella guerra mondiale del Medio Oriente le azioni militari sono accompagnate da forme di terrorismo che devastano le popolazioni civili: milioni di rifugiati e di profughi abbandonano le case e vagano a cavallo delle frontiere. L'Isil ha occupato la diga sull'Eufrate vicino a Falluja lasciando senza acqua milioni di persone a Kerbala, Najaf, Hilla, Nassiriya mentre sono stati inondati trecento chilometri intorno ad Abu Ghraib. I curdi non sono da meno e hanno deviato le acque che alimentano Mosul mentre la Turchia ha interrotto il flusso idrico verso il lago Assad, il più grande bacino siriano di acqua potabile, per ridurre alla sete Aleppo.
Per sbaragliare il nemico e diffondere la paura, jihadisti e governi strangolano intere popolazioni come in un nuovo Medioevo mentre l'avanzata del Califfo Baghdadi preoccupa anche gli israeliani: per ora rappresenta una minaccia per le forze sciite, a partire dai due grandi nemici dello stato ebraico, Iran ed Hezbollah, ma l'entusiamo per il messaggio dei jihadisti del califfato potrebbe diffondersi anche nei Territori palestinesi, tra i giovani disoccupati ed emarginati di Gaza e Cisgiordania. Anche Hamas, oltre alla vecchia Al Qaeda di Ayman Zawahiri, potrebbe avere presto nuovi temibili concorrenti. Per questo dal suo rifugio in Qatar il capo di Hamas Khaled Meshal chiede ai suoi comandanti di emulare gli Hezbollah sciiti libanesi nella guerra contro Israele del 2006: colpire con i razzi e scomparire. Gli serve, prima di una tregua, qualche effimero successo da sventolare davanti al suo popolo.
Anche nell'assedio di Gaza le risorse, idriche e finanziarie, sono forse più importanti dei missili. Hamas è con le spalle al muro, strangolato dal lato israeliano e da quello egiziano dove non c'è più il Fratello musulmano Morsi ma il generale Al Sisi che apre il valico di Rafah solo per i feriti. La battaglia potrebbe finire subito se Israele tagliasse luce e acqua ai palestinesi. Gli conviene invece una sanguinosa attesa piuttosto che occupare Gaza: con questa guerra affondano anche il governo di coalizione Hamas-Fatah e il presidente dell'Anp Mahmoud Abbas. I jihadisti in ascesa si fregano le mani: tra un po' l'Isil potrebbe arrivare sul Golan e i califfati, per quanto utopici possano essere, sono assai più pericolosi e imprevedibili di un vecchio e conosciuto nemico. Marx scrisse che la storia si ripete due volte, la prima come tragedia, la seconda come farsa: in Medio Oriente anche la seconda si presenta come una tragedia.
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