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Questo articolo è stato pubblicato il 12 luglio 2014 alle ore 08:14.
Non vuole una tregua Israele, deciso a portare avanti la sua offensiva per fermare il lancio di razzi dalla Striscia di Gaza. Non la vuole neppure la frammentata leadership di Hamas, che pone condizioni difficilmente accettabili. Gli appelli della comunità internazionale affinché i due belligeranti si fermino prima che prenda il via un'invasione di terra nella Striscia di Gaza dalle conseguenze potenzialmente disastrose continuano a cadere nel vuoto.
Senza prendere una posizione chiara, il premier Benjamin Netanyahu ha lanciato un messaggio molto duro: «Nessun Paese normale - ha sottolineato - accetterebbe una situazione simile. Nessuna pressione internazionale ci impedirà di colpire i terroristi». In serata, tuttavia, è arrivata la notizia che il leader politico di Hamas, Khaled Meshal, che vive nel Qatar, sta lavorando ad un cessate il fuoco per mettere fine al conflitto in corso; un'apertura che sarebbe tuttavia in contrasto con la linea dei dirigenti politici di Hamas a Gaza, decisi per una lotta a oltranza.
Sull'invasione di terra Netanyahu è stato ancora una volta possibilista: «Tutte le opzioni sono aperte». Ma più passano i giorni, più diventa probabile. I riservisti mobilitati sono saliti a 33mila; truppe e carri armati sono ammassati sul confine della Striscia di Gaza in attesa di ordini. Tutto sembra preludere all'invasione di terra.
La macabra conta delle vittime palestinesi salite, secondo fonti mediche da Gaza, sopra i 100 morti - in maggior parte civili - la distruzione delle case, e le centinaia di razzi che Hamas scaglia ogni giorno contro il territorio israeliano hanno innescato una spirale di risentimento e vendetta che sarà davvero difficile fermare.
Per disperazione, per rabbia, per calcolo o per follia, in questo conflitto Hamas sta cercando di colpire obiettivi che non aveva considerato negli anni passati. Il comunicato lanciato ieri mattina è apparso subito allarmante, e credibile: «A seguito degli attacchi di Israele sugli abitanti della Striscia di Gaza il braccio armato di Hamas ha deciso di rispondere all'aggressione di Israele e pertanto vi avvertiamo di non volare sull'aeroporto Ben-Gurion che oggi sarà uno dei nostri obiettivi perché ospita anche una base aerea militare». Puntuali quattro razzi sono stati lanciati in direzione dello scalo internazionale. Ancora una volta lo scudo missilistico Iron Dome li ha intercettati con successo. Quando sono suonate le sirene, l'aeroporto, a oltre 100 chilometri da Gaza, è stato fermato per alcuni minuti. Soltanto due voli sono stati cancellati. Nei giorni scorsi le milizie di Hamas avevano cercato di colpire, senza successo, la città di Dimona, dove si trova la centrale nucleare israeliana. Anche ieri una pioggia di missili è caduta su molte altre città. Le sirene sono tornate a suonare a Tel Aviv, ma ancora una volta anche ad Haifa, la terza città israeliana, che ospita la più grande raffineria del Paese, 160 chilometri a Nord del confine con la Striscia. Nella città di Ashdod tre cittadini israeliano sono rimasti feriti gravemente quando un razzo ha colpito una stazione di benzina.
Al quarto giorno dall'inizio dell'Operazione "Margine protettivo" - ha segnalato ieri pomeriggio l'esercito - sono complessivamente 640 i razzi lanciati contro il territorio israeliano e 1.100 gli obiettivi colpiti nella Striscia. Una situazione drammatica. La Lega araba ha fatto circolare una a bozza di risoluzione all'interno del Consiglio di Sicurezza dell'Onu i cui punti centrali sono la fine immediata del conflitto in corso a Gaza e un immediato cessate il fuoco, duraturo e pienamente rispettato.
Se le ostilità andranno avanti è più facile che il conflitto possa estendersi. I due razzi lanciati ieri dal Sud del Libano, e la conseguente rappresaglia Israeliana, sono un pessimo segnale. Hezbollah, che controlla il Sud del Libano, ha negato la sua responsabilità addossandola su cellule palestinesi, ma il fronte settentrionale è sempre caldo. Un allargamento di questo conflitto rischia di avere conseguenze gravissime in un Medio Oriente ormai in fiamme, lacerato dalle guerre in Siria e in Iraq, e dalla grave instabilità in Libano.
Comprendendo la drammaticità degli eventi, il presidente americano Barack Obama ha telefonato al premier Netanyahu informandolo che gli Stati Uniti sono pronti «a facilitare una cessazione delle ostilità», si legge in una nota della Casa Bianca. Obama - continua la nota - ha rinnovato «la forte condanna dei continui lanci di razzi contro Israele da parte di Hamas e di altre organizzazioni terroristiche a Gaza e ha riaffermato il diritto di Israele a difendersi contro questi attacchi».
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