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Questo articolo è stato pubblicato il 14 luglio 2014 alle ore 15:37.
L'ultima modifica è del 14 luglio 2014 alle ore 15:50.

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NEW YORK - Il settore aerospaziale americano, sulle ali dell'aviazione commerciale e pilotato da Boeing nel suo costante duello globale con l'europea Airbus, rimane oggi uno dei motori cruciali della ripresa economica. Capace in un solo anno di contribuire 324 miliardi di dollari di entrate e il 2,23% al Pil, oltre a 38 miliardi all'erario e a 84 miliardi in salari. Ancor più genera 120 miliardi in esportazioni un surplus, oltre 70 miliardi, che è il maggiore di ogni industria manifatturiera del Paese, sospinto dalla vendita all'estero del 64% della produzione. Il mercato interno, comunque il più grande e dinamico al mondo, a sua volta aiuta il decollo di un settore che impiega mezzo milione di tecnici e lavoratori specializzati oltre a 700.000 dipendenti nell'indotto.

Il suo volo, oltretutto, è destinato a continuare. Il settore aeronautico americano è reduce da un anno record nel 2013, trainato da incrementi degli ordini da parte dei vettori nazionali e globali che hanno garantito entrate e utili operativi annuali nelle sue attività strategiche pari rispettivamente a 86,6 miliardi e 7,9 miliardi. Il 2014 appare un anno nuovamente solido, foriero di una continua stagione di rinnovamento delle flotte e dei modelli. Stando a Deloitte, il segmento Aerospace and Defense crescerà di un altro 5% quest'anno in termini di entrate. E da oggi al 2023 i livelli di produzione dovrebbero lievitare del 25 per ceno.

A spingere all'acquisto di nuovi velivoli è la necessità di svecchiare le flotte, di ritirare dalle rotte aerei con oltre 20 anni di servizio, e di avvantaggiarsi di avanzamenti tecnologici in grado di ridurre i consumi e aumentare l'efficienza, visti i costi del carburante. Ma in gioco è anche la risposta a tassi di utilizzo dei posti, il cosiddetto "load factor", saliti ormai sopra l'80 per cento. Tanto più che è previsto un futuro aumento della domanda da parte dei passeggeri al passo del 5 per cento.

Assieme Boeing e Airbus hanno in programma di spartirsi consegne in rialzo del 20%, a duemila rispetto a 1.400, per il periodo 2018-2019. A metà giugno Boeing aveva ben 5.199 velivoli oggetto di ordini sicuri, quasi quanti la rivale. Nell'insieme i nuovi ordinativi dovrebbero almeno quest'anno invece frenare ad un passo forse dimezzato rispetto all'exploit dell'anno scorso proprio per tener conto della necessità di smaltire quelli già accumulati (per Boeing valgono 440 miliardi). Ma Boeing e Airbus ne hanno registrati comunque oltre 700 nei primi cinque mesi dell'anno. Per fare un paragone, nel 2007, ai picchi, ne, avevano 2.600, due anni dopo, nel pieno della crisi finanziaria e delle recessione, in tutto l'anno 750.

Ed è Boeing oggi a rivendicare il sopravvento, anzitutto nei velivoli "wide body". Da gennaio a maggio ha piazzato circa 400 nuovi ordini netti contro i piu' di 200 di Airbus. Per questo ha messo in cantiere ulteriori incrementi dell'output nei prossimi anni. In dettaglio, la produzione di modelli 737, i più venduti, è in aumento a 47 al mese entro il 2017 da 35 all'inizio del 2013 e forse raggiungerà i 52 esemplari. Boeing è poi in procinto di sollevare il sipario su nuovi progetti, quali un sostituto dell'aviogetto di medie dimensioni 757, la cui produzione era cessata dieci anni or sono. Entro la fine del decennio debutterà il nuovo 737 Max, che andrà a completare una squadra che già comprende il più piccolo 787 Dreamliner. Altri aerei in fase di sviluppo sono il 777X, vale a dire nuove versioni del 777 a lunga percorrenza, che vedranno le prime consegne nel 2020, e il 787-10.

Accanto all'aviazione civile, l'altro grande pilastro del settore aeronautico statunitense è costituito dagli appalti militari generati dagli investimenti per la Difesa. Qui, con Boeing, operano altre grandi aziende del calibro di Lockheed Martin e Northrop Grumman che di recente hanno agito da protagoniste. Questo, però, è un segmento sotto assedio e, per le aziende, il successo nell'aviazione civile spesso deve compensare i tagli avvenuti o previsti nei budget del Pentagono. Non mancano tuttavia alcune grandi commesse in corso: il 2014 è l'anno di presentazione e lancio internazionale del nuovo caccia interforze F-35 "targato" Lockheed, che in clima di risparmi e disimpegno per quanto difficile da Iraq e Afghanistan, conta non poco per le vendite sui paesi alleati. Il Pentagono, da parte sua, ha in budget l'acquisto di 2.443 velivoli F-35, il cui intero programma dovrebbe alla fine valere mille miliardi nell'arco di 55 anni.

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