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Questo articolo è stato pubblicato il 15 luglio 2014 alle ore 06:36.

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«Una rivoluzione basata su disciplina, semplicità e focus sul core business». A gennaio 2013 il ceo Mario Greco presentava così alla comunità finanziaria il piano di turnaround che aveva preparato per le Generali. Un piano fatto di target finanziari specifici costruiti attorno a un'idea precisa: il Leone fa l'assicuratore, non esistono più «patti e patti» ma «asset e asset» che meritano o no di stare nel perimetro della compagnia a seconda della «coerenza» con la mission dell'azienda.

I risultati, a un anno e mezzo di distanza, si possono già elencare. Il Solvency ratio delle Generali, complice l'ultima dismissione, ora è strutturalmente sopra i 160 punti base mentre il gruppo aveva chiuso il primo semestre del 2012 con un indice vicino al 130%, il net free plus è già superiore ai 2 miliardi e il roe operativo a fine 2013 era al 12,1% rispetto a un target al 2015 del 13%. Sono uscite dal portafoglio, inoltre, tutte quelle attività giudicate non più strategiche. Questo ha fruttato 3,7 miliardi di denari freschi. Parte dei quali veicolati per chiudere un'altra partita cruciale: ossia la focalizzazione sui mercati di maggiore interesse. Generali in questo anno e mezzo non ha solo dismesso ma ha anche acquistato: si è comprata le minorities in Germania e ha conquistato l'intera Ppf, spendendo in tutto poco meno di 2,8 miliardi, in parte finanziati anche con la cessione di azione proprie. L'esito è che Trieste, complice anche il rifinanziamento e la riduzione del debito, ha una cassa rotonda, un capitale solido e controlla le aziende che operano nei quattro mercati di riferimento: Italia, Germania, Francia ed Est Europa.
Tutto questo è stato ottenuto anche tramite una profonda rivisitazione della governance. Quando Greco è salito al timone delle Generali non è stato tenero con la precedente gestione: ha definito gli assetti di comando il vero «tallone d'achille» della compagnia. Così ha riscritto l'intera prima linea. A Trieste sono arrivati Alberto Minali come responsabile della finanza, Nikhil Srinivasan a capo degli investimenti, Carsten Schildknecht come chief operations officer, Paolo Vagnone come responsabile delle global business, Philippe Donnet a capo di Generali Italia, Eric Lombard alla guida della Francia, Sandro Panizza come chief risk officer e Sergio Balbinot è stato nominato chief insurance officer. Una rivoluzione che ha guidato anche la ridefinizione degli asset in portafoglio. Non a caso la vendita di Bsi porta il marchio di fabbrica della squadra di Greco. La cessione è stata gestita da Minali e dal suo team. Il cfo ieri ha commentato così l'esito positivo della trattativa: «Questa operazione ci consente non solo di risolvere definitivamente la questione del capitale ma anche di rafforzare la nostra liquidità». Con Bsi, dunque, il cerchio si è chiuso e ora, come ha dichiarato Greco Generali può «guardare avanti concentrandosi sul business assicurativo». Il mercato aspetta proprio questo. Il titolo da quando si è insediato Greco ha corso molto, vale quasi il 60% in più, ma le quotazioni per decollare attendono che la svolta sia completa anche sul fronte industriale. Piazza Affari, poi, auspica anche un cambio di passo sul fronte delle cedole e il capitale appena liberato potrebbe aiutare.
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