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Questo articolo è stato pubblicato il 16 luglio 2014 alle ore 16:32.
L'ultima modifica è del 16 luglio 2014 alle ore 16:38.

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Sono rare, piccole, poco competitive, meno orientate all'export, meno solide e meno redditizie delle concorrenti. Bruciano ricchezza le multinazionali italiane, ancora una volta fanalino di coda in ambito europeo nell'indagine annuale sui colossi industriali del pianeta condotta da R&S Mediobanca. Non solo: con l'uscita del gruppo Fiat, avviato a prendere sede in Olanda, il quadro è destinato a farsi ancora più plumbeo. Intanto è già calato il numero: rispetto al 2013 le multinazionali della Penisola scendono a 14 da 16, con l'uscita di Danieli e della commissariata Riva-Ilva. Al primo posto resta l'Eni (114,7 miliardi di fatturato), seguita a Exor (113,7 miliardi), Enel (77,3 miliardi), Telecom Italia (22,9 miliardi) e Finmeccanica (16 miliardi). Le più piccole sono Barilla (3,5 miliardi) e Menarini (3,2 miliardi).

Le multinazionali tedesche sono grandi il doppio
Il 55% del fatturato delle multinazionali fa capo a imprese pubbliche, percentuale che salirà al 70% se Fiat confermerà il trasloco della sede da Torino. La loro incidenza sul Pil è solo del 26,7% che scende al 19,6% con la Fiat targata Olanda, contro il 42,4% delle tedesche e delle francesi e il 57,3% delle britanniche. Le dimensioni medie sono meno della metà di quelle tedesche (50mila occupati in media contro 130mila) e inferiori a tutti gli altri big europei. Sola la Spagna fa peggio e con la Fiat "olandese", il numero si abbasserebbe a 37mila.

Italia, tutta Stato e famiglie
A livello di azionariato, l'Italia ha il primato della presenza di Stato e famiglie. Il 51,5% dell'attivo delle multinazionali è in mani pubbliche (percentuale che sale al 64,8% se Fiat va in Olanda) contro il 3,6% della Germania e il 12,3% medio europeo. Un ulteriore 46,7% è a controllo famigliare contro una media europea del 26%. C'è una sola public company ed è la Prysmian, che vale l'1,8% dell'attivo (media europea 61%). Il costo del lavoro per occupato delle multinazionali della Penisola è il più basso d'Europa, ma non è tale da sostenere la competitività, visto che anche la produttività in termini di valore aggiunto per occupato è la più bassa d'Europa. Nell'ultimo decennio è la Germania ad avere registrato il maggiore incremento di competitività, con una produttività aumentata di 4,2 volte rispetto al costo del lavoro (che pure è il più alto) rispetto all'1,9 dell'Italia. (Radiocor)

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