Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 19 luglio 2014 alle ore 08:12.

My24

- gli aiuti agli Stati in difficoltà devono essere concessi ma devono anche avere un senso e una logica economica; non possono quindi essere generici ma devono essere indirizzati a iniziative e attività ben individuate: infrastrutture, incrementi di produttività; in tal modo l'impegno sarebbe determinato nella dimensione e nella durata e consentirebbe di verificare i livelli di responsabilità assunti e di misurarne i risultati.
In virtù di queste valutazioni e della spaccatura marcata tra i favorevoli e i contrari, è agevole constatare che l'unica possibilità per vedere concretizzarsi uno strumento di mutualizzazione dei debiti, in qualunque forma ipotizzata, è quella che passa da una preventiva o contestuale integrazione politica tra gli Stati membri dell'UEM. Ma se questa precondizione, per varie ragioni, non sussiste e neanche si prospetta, è velleitario pensare che si possano mutualizzare i debiti senza accentrare almeno i poteri per gestirli e cioè le politiche fiscali.
Tuttavia, i forti livelli di divergenza delle economie, attuali e tendenziali, nell'eurozona non inducono certo ad immaginare una possibilità imminente di unione fiscale, propedeutica al passaggio ancor più impegnativo di una unione politica.
Non si può non considerare altresì che gli Eurobonds:
- non sono sufficienti da soli a risolvere i problemi dell'eccesso di debito di cui è ammalata oggi l'Europa e in particolare alcuni paesi;
- non trasformerebbero un paese debole in un paese risanato solo per effetto di una riduzione del costo del debito e/o di una maggiore facilità di gestione degli stocks accumulati discendente dalla garanzia di altri Stati sul proprio debito; gli eccessi di debito resterebbero comunque un problema da risolvere, le insolvenze di fatto resterebbero comunque possibili e potrebbero trascinare anche i paesi più forti in situazioni di gravi criticità;
- presentano indubbiamente il rischio di abbassare il livello di responsabilità degli Stati che hanno un'importante necessità di ridurre l'eccesso di debito o di deficit;
- possono costituire una modalità con la quale mettere al riparo dalle fasi più acute delle crisi i paesi più a rischio ed evitare il contagio agli altri, ma questa protezione si sostanzierebbe soltanto in un guadagno di tempo se non vengono eliminate le cause degli squilibri che rendono i paesi vulnerabili; se perdurano gli squilibri strutturali macroeconomici i debiti tendono inesorabilmente a crescere a velocità superiori alla crescita del Pil e con tali dinamiche il raggiungimento della soglia di insostenibilità è solo un problema di ordine temporale, più o meno vicino;
- se adottati non potrebbero comunque non essere accompagnati da una cessione di sovranità ulteriore da parte dei paesi debitori; pertanto alla loro adozione non corrisponderebbe un allentamento del rigore ma semmai un suo maggiore inasprimento con tutte le conseguenze sull'economia e sulle ricchezze del paese che una tale scelta comporta nell'immediato.
Nemmeno il ricorso a garanzie reali (beni immobili, oro, azioni) prestate in quota parte dai singoli Stati a fronte del debito conferito ad un fondo comune, potrebbero consentire di superare le ostilità dei paesi più forti a prendere in carico i rischi di solvibilità dei paesi più deboli, perché l'unica garanzia, idonea a fronteggiare il debito è la capacità di generare entrate sufficienti a sostenerlo e cioè un adeguato tasso di crescita di lungo termine.
Appare sufficientemente chiaro quindi che perseverare a proporre o a discutere di Eurobonds, come soluzione di breve o di medio termine alla crisi, allo stato attuale delle cose, è un esercizio fondamentalmente improduttivo ed in ogni caso non risolutivo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Shopping24

Dai nostri archivi