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Questo articolo è stato pubblicato il 20 luglio 2014 alle ore 08:12.

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Giorno 12 dell'operazione "Soglia di protezione". Incomincia a diventare difficile tenere il conto esatto delle vittime. Probabilmente fino a ieri sera era di 330, da parte palestinese: compresi 76 bambini e 36 donne. Cinque da quella israeliana, due delle quali civili: un soldato è stato ucciso da fuoco amico e il secondo dei cinque morti, centrato in mezzo al vuoto del deserto del Negev, era un beduino arabo-israeliano. L'offensiva terrestre continua, così come i lanci di razzi e le infiltrazioni di Hamas dentro Israele. Con poche pause.
Forse nella lista dei caduti dovrebbero essere aggiunti anche i tre studenti israeliani rapiti e uccisi dai palestinesi in Cisgiordania e il ragazzo palestinese, linciato da tre giovani israeliani: più o meno tutti coetanei. E da queste tragedie tribali che è iniziato tutto.
Fatto salvo il dovere di cronaca, il conto quotidiano dei morti è un esercizio d'impotenza: non essendoci altro da fare, si usano i numeri per mostrare pietà o riprovazione. Ieri, mentre al di qua della frontiera israeliana moriva il più sfortunato beduino del Medio Oriente, dall'altra parte una cannonata cancellava un'altra famiglia di otto persone. Ai profughi del campo palestinese di al-Bureji, nel centro della Striscia, gli israeliani hanno ordinato di lasciare le loro case per motivi di sicurezza. Ma non sapevano dove andare in una striscia di territorio con la più alta densità al mondo, insieme a Kowlon a Hong Kong, dove però regnano la pace e il benessere. Ovunque i profughi vadano, doppiamente profughi, c'è sempre un razzo di Hamas che parte e un bombardamento israeliano che arriva. Presi tra due fuochi, i civili sono inconsapevolmente arruolati anche loro.
Parlando al telefono col premier israeliano Bibi Netanyahu l'altro ieri, il presidente Barack Obama gli chiedeva di «minimizzare le perdite», per evitare il più possibile l'escalation del conflitto. Ma anche questo è quasi impossibile. L'ampliamento del confronto è in corso. La fanteria israeliana sta distruggendo uno per uno i tunnel attraverso i quali i miliziani tentano di entrare in territorio avversario. Era questa la ragione tattica principale dell'offensiva di terra nella striscia.
Nonostante questo, ieri una pattuglia israeliana ha intercettato un altro gruppo di palestinesi armati: uno di loro è stato ucciso, gli altri sono ritornati a Gaza attraverso il tunnel prima che venisse distrutto. Nello scontro sono morti due soldati israeliani. Era accaduto anche il giorno prima. A ridosso della frontiera ci sono alcuni kibbutz, ora presidiati dai militari.
La diplomazia langue ma non è del tutto inattiva. Dopo Ankara, il presidente dell'Autorità palestinese di Ramallah, Abu Mazen, è andato a Doha, dove oggi incontrerà Khaled Meshaal, il leader politico di Hamas in esilio, per parlare di un'eventuale tregua. Turchia e Qatar sono gli unici due amici di Hamas. Abu Mazen vuole convincerli a moderare il movimento islamico palestinese. Più continua il conflitto a Gaza, più cresce il numero delle vittime, più aumentano le difficoltà per il leader palestinese in Cisgiordania.
Uno dei capi politici di Hamas, Musa Abu Marzuk, sostiene che il mediatore più importante rimane l'Egitto che aveva già tentato di raggiungere un cessate il fuoco. «La tregua - dice - dipende dall'accettazione delle condizioni poste da Hamas. Non vogliamo tornare alla condizione precedente» l'offensiva israeliana, quando Gaza era una gabbia. Ma quelle condizioni eccessive erano state la causa del fallimento della mediazione egiziana. Dopo un'inutile convocazione straordinaria del Consiglio di sicurezza, ieri sera è arrivato in Israele il segretario generale Ban Ki-moon con un programma al momento troppo ambizioso: «Finire le violenze e trovare il modo per andare avanti» con la diplomazia.
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SENZA TREGUA
All'attacco da dodici giorni
L'operazione "Soglia di protezione", avviata da Israele l'8 luglio scorso, ha l'obiettivo di far cessare il lancio di razzi (sempre più sofisticati e a lunga gittata) dalla Striscia di Gaza in territorio israeliano. Giovedì l'esercito ha avviato l'offensiva di terra, che ha come target più specifico le infrastrutture di Hamas: non solo dunque le rampe di lancio dei razzi, ma anche i tunnel utilizzati dalle milizie islamiche. Prevalentemente per il contrabbando ma anche - un tentativo è stato neutralizzato giovedì mattina - per penetrare in territorio israeliano
Dall'inizio dell'operazione si contano complessivamente 330 morti tra i palestinesi e cinque tra gli israeliani
La mediazione egiziana
L'Egitto di Abdel Fattah al-Sisi continua cercare di convincere Hamas a raggiungere un cessate il fuoco con Israele. Per questo ha invitato al Cairo il capo dell'ufficio politico del movimento, Khaled Meshaal, in esilio in Qatar, cui intende fare una nuova offerta, che include, tra l'altro, il rilascio di prigionieri di Hamas
Le altri parti dell'intesa, riferisce il quotidiano egiziano Al-Shuruk, puntano a garantire la sicurezza di Israele grazie all'assistenza di partner internazionali e l'allentamento dell'embargo della Striscia di Gaza con la possibile riapertura dei valichi

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