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Questo articolo è stato pubblicato il 23 luglio 2014 alle ore 06:38.
L'ultima modifica è del 23 luglio 2014 alle ore 13:08.

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Per l'ex governatore veneto Giancarlo Galan, indagato per corruzione nell'inchiesta sul Mose, si aprono le porte del carcere di Opera. La Camera dei deputati ieri si è prima espressa contro il rinvio della decisione, chiesto da Forza Italia, e poi ha votato a scrutinio segreto sul via libera all'arresto cautelare del deputato di Forza Italia: 395 i sì, 138 i no e 2 gli astenuti.

Il gip di Venezia ha chiesto per lui, a inizio giugno, la custodia in carcere per rischio di reiterazione del reato, e già la Giunta per le autorizzazioni della Camera, due settimane fa, ha dato parere positivo, sostenendo l'assenza di un "fumus persecutionis". Ieri l'ultimo passaggio alla Camera, dopo due rinvii. Con un esito quasi scontato.

I legali del politico sperano di tramutare nelle prossime ore il carcere in arresti domiciliari. Galan necessita, spiegano gli avvocati Antonio Franchini e Nicolò Ghedini, di continue cure diurne e notturne. Ieri intanto i medici dell'ospedale di Este, dove Galan era ricoverato, hanno firmato le sue dimissioni perché hanno ritenuto che le patologie di cui soffre non richiedano necessariamente l'ospedalizzazione, ma possano essere curate anche con l'assistenza domiciliare. L'ex governatore viene sottoposto ogni 4 ore al controllo del livello di glicemia, riceve terapie per le apnee notturne e per il diabete e deve restare con la gamba ingessata in estensione.

La scorsa settimana il gip Alberto Scaramuzza aveva deciso di rinviare a dopo il voto della Camera la valutazione sui domiciliari per motivi di salute. Ora i difensori ci riprovano. «Depositeremo al gip un'istanza, con tutte la documentazione medica – ha detto Franchini – e vedremo cosa accadrà».

Giancarlo Galan ha ricevuto la notifica dell'ordinanza nella sua villa di Cinto Euganeo. Il trasporto in carcere è avvenuto con un'ambulanza in tarda serata, da parte della Guardia di finanza e dei carabinieri. Ha fatto sapere di essere «imbestialito» con i deputati (con i suoi colleghi assenti che l'hanno «tradito»), con i magistrati e con i medici. Soprattutto con questi ultimi, che hanno dichiarato non necessaria la permanenza in ospedale. Silvio Berlusconi ha fatto una telefonata di solidarietà.

A dire di sì agli arresti sono stati i deputati di Pd, Sel e M5S. Contrari Fi e Ncd. In aula la democratica Anna Russomando ha spiegato: «Ci sentiamo anche noi paladini del garantismo ma le battaglie per l'applicazione delle garanzie dei cittadini le facciamo nelle sedi opportune. Nessun cedimento, nessuna resa né rinuncia. Il valore tutelato è l'autonomia del Parlamento».

Per i legali di Galan invece ieri «si è scritta una pagina buia alla Camera, che costituisce un precedente preoccupante. È stata votata l'autorizzazione a procedere in assenza di Galan, che avrebbe voluto essere presente per difendersi». Di decisione grave parlano anche i senatori di Forza Italia: «Oggi a Galan è stato impedito il diritto di difendersi».

Dentro Forza Italia intanto è partita la conta agli assenti ingiustificati. A guidare la protesta "interna" è il capogruppo alla Camera, Renato Brunetta. «Amarezza e dolore per deputati Forza Italia assenti ingiustificati su voto Galan. Il garantismo si testimonia sempre e comunque», ha scritto in un tweet ieri. In testa alla classifica dei deputati assenti ieri è stato però il Pd: alla votazione non hanno partecipato in 17, tra cui l'ex segretario Pierluigi Bersani, Pippo Civati e Stefano Fassina. Presente e silente Enrico Letta.
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