Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 25 luglio 2014 alle ore 08:13.

My24
Matteo Renzi (Lapresse)Matteo Renzi (Lapresse)

ROMA - Il Governo si prepara a rivedere al ribasso le previsioni di crescita per quest'anno. A lasciarlo intendere implicitamente è lo stesso Matteo Renzi. Che afferma che sarà «molto difficile» arrivare alla stima del +0,8% di Pil per il 2014 contenuta nell'ultimo Def. Ma il premier tiene subito a sottolineare che non occorre drammatizzare i dati: «Che la crescita sia 0,4 o 0,8 o 1,5% non cambia niente per la vita quotidiana delle persone», sostiene Renzi nel corso di un'intervista rilasciata a La7 prima della divulgazione dei nuovi dati con cui il Fondo monetario internazionale ha tagliato (da +0,6% a +0,3%) le previsioni di crescita per il nostro Paese.

Palazzo Chigi preciserà poi in una nota che il senso della frase di Renzi è che non sono i decimali di crescita del Pil a fare la differenza sull'occupazione. «La nostra priorità è il lavoro. Ma le statistiche, credo, inizieranno a migliorare solo dal 2015», aggiunge il premier.
Come ha già fatto nei giorni scorsi Renzi, insomma, cerca di mandare messaggi rassicuranti al Paese nonostante dagli organismi internazionali e dai centri studi nazionali arrivi la conferma che le tracce della ripresa continuino a restare tutt'altro che visibili. Non a caso il premier torna ad assicurare che uno degli obiettivi prioritari del Governo resta quello di accelerare il pagamento dei debiti arretrati della Pa nei confronti delle imprese. «Entro il 21 settembre dovremmo riuscire a pagare tutti i debiti della pubblica amministrazione», afferma il premier. Che però aggiunge che la somma totale sarà «molto meno» di 60 miliardi assicurando comunque che la cifra esatta sarà calcolata entro i prossimi giorni.

Renzi ribadisce anche la volontà di garantire alle imprese l'accesso ai fondi e sbloccare quei 43 miliardi di investimenti annunciati per le infrastrutture «che non violano nessun vincolo europeo perché sono già conteggiati». In altre parole, avanti tutta per rendere operativi sugli impegni presi sui pagamenti dei debiti Pa e sulla spinta agli investimenti, facendo leva anche sui nuovi margini in termini di flessibilità da contrattare con Bruxelles oltre che sulle riforme, a cominciare da quella del Senato sulla quale il premier ripete di non essere disposto a cedere.
Il presidente del Consiglio si sofferma anche sulla partita delle nomine Ue: «Federica Mogherini è una persona molto capace e molto brava, sarebbe un ottimo commissario ma noi, a questo punto, non mettiamo il nome sul tavolo finché non c'è certezza che tocca all'Italia, non sono io arzigogolato – aggiunge – ma le procedure e io non faccio crocifiggere il ministro degli Esteri».

Un nodo da sciogliere, così come quello dell'andamento dell'economia. L'attenzione è ora al 6 agosto quando l'Istat diffonderà il dato sul Pil del secondo trimestre. Se venisse certificata, come è quasi certo, una ripresa anemica, a settembre con l'aggiornamento del Def la revisione al ribasso delle stime di crescita del Governo diventerebbe automatica portando l'asticella del rapporto deficit-Pil pericolosamente vicino al fatidico tetto del 3% sul quale tornerebbe insistentemente ad aleggiare il fantasma di una manovra correttiva, magari da assorbire direttamente in autunno nella prossima legge di stabilità. Un'ipotesi fin qui sempre respinta da Palazzo Chigi. Ma è chiaro che, dovendo anche rendere strutturale il bonus Irpef da 80 euro e dovendo far fronte alle clausole di garanzia ereditate dall'esecutivo Letta per evitare un nuovo aumento delle tasse, la prossima legge di stabilità dovrà viaggiare, in assenza di "concessioni" da parte della Ue, abbondantemente sopra i 20 miliardi e magari anche avvicinarsi ai 30 miliardi. Critica l'opposizione: «Finalmente Renzi riconosce che le sue promesse non saranno mantenute», dice il capogruppo di Fi alla Camera, Renato Brunetta. (M.Rog.)

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi