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Questo articolo è stato pubblicato il 26 luglio 2014 alle ore 08:12.

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È indubbio che le cose non siano andate bene per l'Italia nell'ultimo Consiglio Europeo. La decisione di posticipare di sei settimane la scelta dell'Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell'Unione Europea, che è anche il vice-presidente della Commissione Europea, è un segnale inequivoco della (momentanea) sconfitta italiana. Per quella posizione l'Italia aveva candidato il ministro degli esteri, Federica Mogherini, ritenendo che la sua proposta non avrebbe ricevuto una seria opposizione. L'Italia detiene la presidenza semestrale dell'Ue e, soprattutto, il Partito democratico è risultato il più forte della coalizione dei socialisti all'Europarlamento. Essendo Jean-Claude Juncker, il presidente appena eletto della Commissione europea, il leader della coalizione dei cristiano-democratici europei, era evidente che la posizione di vice-presidente della Commissione dovesse spettare ai socialisti, di cui Federica Mogherini è un esponente. Infine, la scelta dell'Alto Rappresentante era la condizione indispensabile per avviare le complesse trattative sulla composizione della Commissione. Infatti, una volta eletto il presidente e scelto il suo vice, si sarebbe potuto discutere come allocare gli altri 26 portafogli della Commissione, tenendo presente che ogni stato membro dell'Ue ha diritto ad averne uno. Eppure, nonostante tutto congiurasse a nostro favore, la candidatura di Federica Mogherini si è insabbiata. Perché? La risposta di buona parte della stampa internazionale è la seguente: Federica Mogherini non ha né l'esperienza né la competenza per ambire a quel ruolo e, nello stesso tempo, il primo ministro Matteo Renzi ha giocato una partita diplomatica pessima, pensando di trasferire a Bruxelles la stessa logica di comportamento che usa a Roma.
Occorre leggere con occhio critico i giudizi della stampa internazionale. Dietro i sorrisi, sono molti i paesi e i leader politici stranieri che vorrebbero un'Italia debole e marginale. Un'Italia capace di fare riforme interne e di riacquistare una voce esterna non piace a molti paesi del Nord, preoccupati di preservare la loro egemonia economica e culturale. Ma non piace neppure ai paesi governati dai leader socialisti, come la Francia ad esempio. Un'Italia troppo assertiva metterebbe in discussione il ruolo tradizionale di quel paese di interlocuzione e riequilibrio nei confronti della Germania, ruolo che oggi non riesce più ad esercitare viste le sue difficoltà economiche e politiche. L'Ue è un sistema nel quale la competizione tra i suoi stati membri è altrettanto importante della solidarietà tra di essi. Per questo motivo, appare difficilmente giustificabile l'ingenuità con cui il governo italiano si è finora mosso in Europa. Un'ingenuità dovuta ad un'interpretazione sbagliata della politica europea, perché prigioniera di uno schema neo-parlamentare divenuto un'ossessione. È sbagliato pensare che la politica dell'Ue si risolva nella relazione tra i due principali partiti politici (democratici-cristiani e socialdemocratici), così come avviene nella politica nazionale di diversi paesi europei. Il fatto che la coalizione dei socialisti europei fosse a favore della candidatura di Federica Mogherini non ha cambiato di una virgola le divisioni geo-politiche tra gli stati. Gli italiani continuano a pensare che la Commissione sia il governo dell'Europa, che la sua leadership si decide tra i maggiori partiti parlamentari, che questi ultimi abbiano la capacità di aggregare anche gli interessi nazionali. La vicenda Mogherini è l'ulteriore dimostrazione che le cose non stanno così. Non stanno così non solo per le rivalità interne ai socialisti europei, ma perché la Commissione non può essere solamente l'espressione di una coalizione tra partiti, dovendo tenere in equilibrio anche divisioni geo-politiche che attraversano gli stessi partiti. Basti considerare che Jean-Claude Juncker ha ricevuto il voto di 422 membri del Parlamento Europeo, mentre i parlamentari dei partiti che si erano impegnati a sostenerlo erano 580. Altresì, è sbagliato pensare che la Commissione sia la vera istituzione decisionale dell'Ue. Quanto tempo deve passare prima che i consiglieri del nostro primo ministro si rendano conto che molte decisioni, che influenzano direttamente l'Italia, si prendono nel Consiglio Europeo dei capi di governo e nell'Eurogruppo dei ministri finanziari?
Anche puntando ad acquisire la posizione di Alto Rappresentante, non sarebbe stato più efficace mettere sul tavolo candidature di prestigio anche per la leadership delle istituzioni intergovernative, così da avere un maggiore potere contrattuale? E comunque, non converrebbe all'Italia avere un portafoglio economico dentro la Commissione piuttosto che quello dell'Alto Rappresentante? Rilanciare la politica estera dell'Ue è sicuramente rilevante. Tuttavia, visti i rapporti di forza tra gli stati membri, difficilmente questo compito potrà essere assunto dall'Italia. È singolare che la Francia (l'unico paese continentale con una politica estera e di sicurezza, nonché membro del Consiglio di sicurezza dell'Onu) abbia lasciato a noi il ruolo di Alto Rappresentante, chiedendo invece il ruolo di commissario per gli affari economici e monetari. Come ha ben scritto Adriana Cerretelli su questo giornale, la sconfitta italiana all'ultimo Consiglio Europeo potrebbe essere l'occasione per una revisione del nostro approccio alla politica europea. Speriamo che così avvenga. Anche perché, all'estero, la sconfitta di un governo viene interpretata quasi sempre come la sconfitta del suo paese.

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