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Questo articolo è stato pubblicato il 29 luglio 2014 alle ore 10:52.

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Vladimir Putin e il ministro della difesa russo Sergei Shoigu (Afp)Vladimir Putin e il ministro della difesa russo Sergei Shoigu (Afp)

Si apre un nuovo fronte tra Russia e Stati Uniti, nell'ambito del controllo degli armamenti: il governo americano ha accusato Mosca di aver testato un missile nucleare da crociera in violazione del Trattato bilaterale Inf (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty), firmato nel dicembre 1987 da Usa e Urss - da Ronald Reagan e Mikhail Gorbaciov - per eliminare missili balistici e da crociera di medio raggio, tra i 500 e i 5.500 km. "Una questione molto seria - è la dichiarazione di un alto funzionario americano - che ormai da tempo cerchiamo di affrontare con la Russia, incoraggiandola a tornare al rispetto dei propri impegni e a eliminare in modo verificabile ogni elemento proibito (dal Trattato)".

Barack Obama avrebbe scritto a Vladimir Putin al riguardo; ma se gli americani sospettano che i russi abbiano ripreso i test fin dal 2008, è la prima volta che esprimono pubblicamente le proprie preoccupazioni: nel momento in cui si preparano ad annunciare nuove sanzioni economiche, alle quali si sono ormai uniti compatti gli europei, scompigliando i calcoli del Cremlino.

La tragedia del volo MH17 abbattuto in Ucraina il 17 luglio scorso ha segnato un limite oltre il quale sembra impossibile ritrovare un punto di incontro con Mosca, accusata di aver fornito ai separatisti di Donetsk e Lugansk un arsenale sempre più potente, che comprende i sistemi antimissile responsabili - secondo le prime prove citate dagli americani - dell'abbattimento dell'aereo.

A partire da quel giorno, Vladimir Putin non è più sembrato in grado di bilanciare un sostegno "a distanza" ai ribelli con i tentativi di dialogo con l'Occidente che finora avevano tenuto a distanza le sanzioni più dure. Ma ormai anche i Paesi europei più decisi a non alienare i legami con Mosca sembrano aver perso la speranza di un intervento pacificatore di Putin in Ucraina. Consapevoli che il danno sarà reciproco (l'Europa è il primo partner commerciale della Russia), si preparano ad alzare il tiro.

Non si tratterà più semplicemente di allungare una lista di personaggi a cui vietare l'ingresso nella Ue o negli Usa o a cui congelare le proprietà all'estero. Bruxelles sta per approvare misure che vieteranno investimenti europei nelle nuove offerte di debito o azioni delle grandi banche russe, e restrizioni all'export di tecnologie indispensabili ai russi per lo sviluppo del settore energetico.

Se la scommessa dell'Occidente è che la leva economica induca Putin ad allontanarsi dai separatisti in guerra con Kiev, la prima reazione di una Russia che si vede sempre più isolata è quella di minacciare ritorsioni e serrare i ranghi, soprattutto sul fronte economico. Su quello militare il presidente ha dato incarico ai vertici della Difesa di studiare il modo per sostituire le tecnologie che ora la Russia importa dall'Occidente. E lo stesso è costretto a fare sulla sfera economica e finanziaria, quella che probabilmente lo preoccupa di più, perché è quella in cui si gioca il consenso della popolazione galvanizzata dalla riconquista della Crimea. "Supereremo le difficoltà che potrebbero nascere in alcuni settori della nostra economia - ha detto lunedì il ministro degli Esteri Serghej Lavrov - e magari diventeremo più indipendenti e più consapevoli della nostra forza".

Lunedì la Russia ha anche perso la battaglia nel caso Yukos, condannata dal Tribunale dell'Aja a risarcire con 50 miliardi di dollari gli azionisti della compagnia petrolifera strappata nel 2003 a Mikhail Khodorkovskij, mentre intorno a Putin si starebbero riaprendo le crepe tra i "falchi" nazionalisti e il mondo del business preoccupato per le ripercussioni di questo crescente isolamento internazionale. Finora, fin dall'inizio del suo regno nel lontano 2000, la forza di Putin era sempre stata bilanciare i fronti intorno a sé, rendendosi indispensabile a entrambi. Ma se il presidente russo dovesse sentirsi ora messo all'angolo sul fronte internazionale, con legami sempre più deteriorati, potrebbe reagire giocando definitivamente la carta nazionalista, intervenendo senza più finzioni a fianco dei separatisti in Ucraina. Sarebbe il rischio più grande.

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