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Questo articolo è stato pubblicato il 30 luglio 2014 alle ore 20:05.

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Tra le «sanzioni antirusse» decise dall'Unione Europea, quella che probabilmente preoccupa di più il Cremlino riguarda l'accesso delle banche al credito internazionale: quelle in cui lo Stato russo detiene una partecipazione superiore al 50% non potranno più vendere agli investitori europei titoli con maturità superiore ai 90 giorni. Se sarà ancora possibile per loro finanziarsi per il breve termine, i grandi gruppi bancari - da Sberbank a Vtb - vedranno aumentare bruscamente i costi di raccolta fondi, che poi ricadranno sulle imprese russe da cui dipendono. Analogamente, cinque delle prime sei banche russe subiscono uno sbarramento simile sui mercati americani.

Il business russo assetato di investimenti, già colpito dalla fuga di capitali accelerata dalla crisi ucraina, viene così a trovarsi di fronte a una ulteriore barriera, proprio mentre la debolezza del rublo e l'inflazione elevata costringono la Banca centrale a mantenere all'8% il costo del denaro. Dal 1998 a oggi, calcola l'agenzia Bloomberg, i mercati internazionali del capitale hanno trasferito in Russia 600 miliardi di dollari in titoli azionari e di debito. E attualmente si ritiene che le imprese russe detengano circa 165 miliardi in bond denominati in dollari e in euro. Secondo gli analisti, le banche asiatiche o del Golfo non saranno in grado di colmare il vuoto, anche se da diversi mesi ormai i prestiti delle banche internazionali hanno rallentato il passo: dai 25 miliardi di dollari messi a segno nel 2013 ai 7,9 miliardi dei primi sei mesi di quest'anno.

Un esame più approfondito circoscrive l'ambito coperto dalle sanzioni: per prima cosa, restano possibili le emissioni di debito sovrano da parte dello Stato russo, che ora sarà impegnato a sostenere banche e imprese come durante la crisi finanziaria del 2008. Vale inoltre la pena ricordare che gli Stati Uniti non hanno congelato assets bancari, non hanno bloccato i finanziamenti a breve termine, necessari per le operazioni day-to-day, e non hanno vietato alle imprese americane di avere rapporti di business con le banche russe elencate dalle sanzioni. La Ue non ha vietato alle sussidiarie di banche statali russe in Europa di raccogliere o concedere prestiti, purché i fondi non vengano trasferiti alla casa madre.

Rispondendo alla "terza ondata" di sanzioni, il ministero degli Esteri russo ha avvertito ieri da Mosca che le restrizioni previste nella sfera finanziaria «avranno conseguenze negative anche per le banche europee che lavorano in Russia». Quelle maggiormente esposte in Russia sono l'austriaca Raiffeisen, Société Générale, Unicredit, l'ungherese Otp e la svedese Nordea.

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