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Questo articolo è stato pubblicato il 01 agosto 2014 alle ore 06:37.

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MILANO
Sono circa 250mila gli italiani che hanno bond argentini per 9,5 miliardi di dollari e che ora attendono di sapere il destino dei loro risparmi. Sono coloro che hanno aderito alla ristrutturazione del debito attraverso gli swap del 2005 e del 2010, ottenendo circa il 30% di quanto investito, quegli stessi che ora per colpa di un pugno di investitori si trovano in mezzo al guado. Altri 50mila invece non hanno accettato il parziale rimborso, scegliendo la strada della causa arbitrale presso l'Icsid a Washington attraverso la Tfa, sono in attesa della sentenza attesa a fine 2014. Negli anni i numeri si sono ridotti dai 420mila risparmiatori italiani che nel 2001, in occasione del primo default da 100 miliardi di dollari, si trovarono con titoli per 14 miliardi di dollari senza valore.
Queste due classi di risparmiatori si trovano ora su due sponde distinte: per chi ha aderito alla causa arbitrale, il default dell'Argentina non cambia nulla, come specifica in un comunicato la Tfa guidata da Nicola Stock secondo cui «l'arbitrato instaurato presso il Tribunale internazionale Icsid della Banca Mondiale prosegue senza alcuna modifica». La Tfa ha chiesto all'Argentina che vengano rimborsati titoli per 2 miliardi e 80 milioni di euro tenuto conto degli interessi maturati in questi anni.
Diversa invece la posizione di chi ha scelto gli swap proposti in questi anni da Buenos Aires e che alla scadenza del 30 luglio non hanno ricevuto il pagamento delle cedole maturate per 539 milioni di dollari nonostante i fondi siano depositati presso il trustee Bank of New York Mellon. Ieri la banca ha fatto sapere che quei fondi sono ancora presso le casse dell'istituto e «di non avere ricevuto ordine dal Tribunale di restituirli».
Una posizione difficile quella della banca, che si trova tra due fuochi incrociati: da un lato l'Argentina che chiede il pagamento delle cedole ai bondholder e dall'altro il giudice che ha bloccato i trasferimenti fintantoché non verranno rimborsati anche i fondi speculativi per 1,3 miliardi di dollari. L'Argentina aveva chiesto al Tribunale la sospensione di questa clausola, ma la risposta è stata negativa. Alcuni investitori hanno sollevato l'obiezione che la sentenza di Griesa valga soltanto per quelli di diritto americano, lasciando libere le altre banche di effettuare i pagamenti dei bond emessi in altre giurisdizioni. Qualche chiarimento anche su questi aspetti potrebbe arrivare oggi quando il Tribunale di New York si riunirà per una nuova udienza. Ad attendere una comunicazione della Corte anche Euroclear, la cassa di compensazione che ha sede in Belgio e con il compito di pagare le cedole dei bond di diritto non americano.
La situazione è ancora in evoluzione e bisognerà aspettare qualche giorno per capire quale piega prenderà. La svolta potrebbe arrivare dall'Isda (International Swaps and Derivatives Association) che sempre oggi riunisce il comitato composto da banche e fondi, tra cui anche la Elliot Management uno degli investitori che ha provocato il default del paese: a loro spetta il compito di valutare il credit event che fare scattare il default. Secondo le opinioni raccolte da Bloomberg è molto probabile che l'Isda dichiari il default facendo scattare i Cds. Dai i dati del Depository Trust & Clearing, i Cds sui bond sono pari a 20,7 miliardi di dollari e i contratti assicurativi sottostanti valgono rimborsi per un miliardo di dollari. Il caso resta controverso perché si tratta di un default indotto da un Tribunale Usa su un Paese che non ha dichiarato insolvenza.
Sugli investitori che hanno aderito alla ristrutturazione ricadono gli effetti di una sentenza che rappresenta il 7% del debito iniziale. Avviare una causa individuale oggi è più difficile dopo l'introduzione delle Cacs nei prospetti dei nuovi bond ristrutturati: tali clausole collettive richiedono il raggiungimento del 75% di adesione alla ristrutturazione a valere per tutti gli obbligazionisti di quell'emissione, compresi quelli che non aderiscono. Da queste clausole restano esclusi i vecchi bond in parte in mano ai fondi speculativi, titoli che valgono oggi circa 14 miliardi di dollari e che l'Argentina potrebbe ritirare dal mercato. Come? O con una nuova offerta di scambio oppure a mercato aperto attraverso un broker.
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