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Questo articolo è stato pubblicato il 05 agosto 2014 alle ore 06:38.

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Il mondo occidentale guarda quasi indifferente all'inarrestabile crollo dell'Iraq e del vecchio Medio Oriente che si sgretolano sulla mappa insieme alla Siria di Bashar Assad e alla Libia delle mille e duecento milizie, dove in Cirenaica è stato proclamato l'Emirato di Bengasi. Da Aleppo in Siria fino a Falluja, alle porte di Baghdad, e a Tikrit, al confine con il Kurdistan iracheno, si estende l'avanzata dei miliziani sunniti del Califfato dello Stato islamico (Isil) che hanno conquistato l'irachena Sinjar al confine con la Siria oltre a Zumar e alla diga a sud di Mosul, caduta con il ritiro degli ultimi peshmerga curdi e la cacciata di cristiani e yezidi, seguaci di una religione millenaria con echi zoroastriani.
La conquista della diga, se confermata, potrebbe rappresentare una vittoria determinante per mettere sotto scacco anche l'Iraq sciita oltre a quello curdo.
Il Medio Oriente non è soltanto gas e petrolio, metano e Corano. Per bere e mangiare occorre disporre di fiumi, dighe, canali, centrali elettriche. L'Isil ha esteso il controllo su ampi tratti del Tigri e dell'Eufrate, i due grandi fiumi che scorrono dalla Turchia al Golfo. L'Iraq e la Siria dipendono da questo bacino per l'acqua, l'agricoltura, l'industria. L'acqua sta diventando un obiettivo strategico importante quanto il petrolio, che per altro in Siria è già nelle mani del Califfato di Abu Bakr Baghdadi che lo esporta in Iraq con entrate stimate in un milione di dollari al giorno. A questo bottino l'Isil ha appena aggiunto i giacimenti di Zumar nel Kurdistan iracheno, vicino all'oleodotto che trasporta il petrolio al terminale di Ceyhan in Turchia.
In questa guerra mondiale del Medio Oriente le azioni militari sono accompagnate da forme di terrorismo che devastano le popolazioni civili: milioni di rifugiati e di profughi abbandonano le case e vagano a cavallo delle frontiere. L'Isil ha occupato la diga sull'Eufrate vicino a Falluja lasciando senza acqua milioni di persone a Kerbala, Najaf e Nassiriya mentre sono stati inondati 300 chilometri intorno ad Abu Ghraib. Per sbaragliare il nemico si strangolano intere popolazioni come in un nuovo Medioevo.
L'avanzata del Califfato, originato da un'ala di al-Qaeda, è il simbolo di un fallimento strategico colossale della politica americana con la colpevole compartecipazione di Turchia, Qatar e Arabia Saudita. Il progetto era stato anticipato nel luglio 2012 con il primo messaggio di Abu Bakr al Baghdadi poi il 29 giugno scorso è venuto l'annuncio della creazione di un Califfato tra Siria e Iraq, dalla provincia settentrionale di Aleppo fino a quella orientale di Diyala, vicino all'Iran. I confini coinvolti sono quelli della Siria con la Turchia fino alla provincia irachena occidentale di Al Anbar. Con la conquista di Mosul il territorio occupato ha raggiunto il nord dell'Iraq e il Kurdistan, a stretto contatto con la frontiera turca e la Nato.
Oltre centomila chilometri quadrati, con pozzi di petrolio, fiumi e dighe e una popolazione di alcuni milioni di persone alle quali è stata imposta una delle versioni più dure della sharia, la legge islamica, compresa l'infibulazione degli organi genitali per le donne e la persecuzione sistematica di ogni minoranza, anche musulmana come gli sciiti.
C'è da chiedersi quale disastro sarebbe accaduto (ma non ci vuole troppo a immaginarlo) se gli Usa, dopo la Libia di Gheddafi, avessero bombardato l'estate scorsa anche la Siria di Bashar Assad.
Nel 2003 l'America di George Bush junior voleva esportare la democrazia in Iraq e rifare la mappa del Medio Oriente: ora, dopo il ritiro nel 2011, è caduto ogni simulacro di questo progetto che si è inabissato insieme allo stato iracheno. E i miliziani sunniti cavalcano come uno sciame nero su queste rovinosi piani geopolitici promettendo agli arabi di restaurare il primo Califfato islamico degli Omayyadi del settimo secolo. L'epitaffio sulle ambizioni Usa già lo scrisse qualche anno fa lo storico Toni Judt: «Credo che nei decenni a venire guarderemo alla mezza generazione tra la caduta del comunismo nell'89 e la catastrofica occupazione americana dell'Iraq come gli anni che la locusta ha mangiato: un decennio e mezzo di opportunità sprecate e di incompetenza politica».
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