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Questo articolo è stato pubblicato il 05 agosto 2014 alle ore 06:38.
L'ultima modifica è del 05 agosto 2014 alle ore 12:44.

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Le sanzioni americane ed europee volute per spingere Mosca a tagliare il filo che la unisce ai separatisti dell'Ucraina dell'Est iniziano a tradursi in casi concreti, sulla scia delle dichiarazioni allarmate delle compagnie più legate alla Russia nel loro business. E ieri proprio la Germania, fino a poco tempo fa tra i Paesi Ue più riluttanti ad adottarle, è andata oltre le decisioni prese a fine luglio a Bruxelles. Il governo tedesco ha infatti ritirato definitivamente il permesso di esportazione e costruzione presso Mosca di un centro addestramento militare, un accordo da più di 100 milioni di euro affidato alla Rheinmetall.

Un'interpretazione rigida delle sanzioni, che colpiscono i settori russi della difesa, dell'energia e della finanza ma non sono retroattive: consentendo così alla Francia di mantenere l'impegno di fornitura alla Russia di due portaelicotteri classe Mistral, un contratto del 2011 (per metà già pagato dai russi) da 1,2 miliardi di euro. Anche una parte delle attrezzature del centro di Rheinmetall - strumenti di simulazione di combattimenti - è già stata pagata e consegnata, ma la vicenda dell'aereo malese abbattuto in Ucraina il 17 luglio, senza però modificare l'atteggiamento di Mosca verso i separatisti considerati i responsabili della tragedia, ha radicalmente trasformato l'atteggiamento di Berlino. «Qui non si tratta di soldi ma di vite umane», ha osservato ieri da Potsdam il vicecancelliere socialdemocratico Sigmar Gabriel. Anche se Peter Rücker, portavoce di Rheinmetall, ha spiegato che la compagnia di Düsseldorf era già stata informata da tempo, e ora sta negoziando con il governo una possibile compensazione. In un'intervista alla Bild-am-Sonntag, il ceo di Daimler Dieter Zetsche ha spiegato che le imprese devono accettare le conseguenze delle decisioni politiche: «La Ue ci ha portato più di 60 anni di pace. La pace, la stabilità e ogni elemento che le sostiene sono più importanti di ogni altra cosa».
Sull'altro fronte, una delle prime società a pagare il prezzo delle sanzioni è stata Dobroliot, la controllata low-cost di Aeroflot costretta a sospendere tutti i voli (uno dei quali con destinazione Simferopol, Crimea) per l'annullamento dei contratti di leasing, manutenzione e assicurazione sugli apparecchi da parte dei fornitori.

Se le sanzioni puntano a convincere la Russia a cambiare rotta in Ucraina, per il momento sembrano piuttosto avere l'effetto contrario. Il ministero della Difesa russo ha annunciato ieri un'altra serie di esercitazioni militari che coinvolgeranno più di 100 tra caccia e bombardieri proprio ai confini con la zona dei combattimenti. «Sarà la prima di una serie di esercitazioni volte a migliorare il coordinamento tra aviazione e difesa anti-missile», ha detto ieri il portavoce Igor Klimov.

Oltre confine, la guerra tra i separatisti filorussi e le forze governative si sta intensificando attorno a Luhansk e alla città più grande della regione, Donetsk, quasi interamente circondata ormai dall'esercito ucraino e destinata a un lungo assedio. Kiev ieri ha fatto appello ai civili perché fuggano dalle zone controllate dai ribelli, e si teme un assalto in cui la città - un milione di abitanti - pagherebbe un prezzo altissimo. Secondo l'Onu, in questi quattro mesi di guerra nell'Est dell'Ucraina sono morte più di 1.100 persone, oltre alle 298 vittime dell'aereo malese. Non tutti i loro resti sono ancora stati recuperati.

E il peso delle tensioni con Mosca ora si fa sentire anche a Kiev, dove da ieri gli abitanti sono privi di acqua calda. E lo saranno almeno fino a ottobre: è la conseguenza dell'interruzione di forniture di gas russo, da quando in giugno sono falliti i negoziati tra Mosca e Kiev sul nuovo prezzo del gas e il pagamento degli arretrati. «Siamo costretti a rinunciare all'acqua calda per accumulare gas nei depositi per l'inverno. Spero che gli abitanti di Kiev capiranno», ha detto Vitaliy Klitschko, ex pugile e ora sindaco della capitale.

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