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Questo articolo è stato pubblicato il 07 agosto 2014 alle ore 06:38.
L'ultima modifica è del 07 agosto 2014 alle ore 06:47.

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Di fronte alla stazione "Universitet" del metrò di Mosca, il giornalista Sasha Sotnik chiede ai giovani che passano se sarebbero pronti a rispondere a un'eventuale mobilitazione ordinata da Vladimir Putin. La maggior parte dice sì, anche quando li si invita a riflettere contro chi andrebbero a combattere, in una guerra "tra fratelli" in Ucraina. Laggiù, a ridosso del confine, la Russia ormai ha ammassato circa 20mila uomini, avverte la Nato. Temendo che possa usare il pretesto di una missione umanitaria per far entrare in Ucraina, a fianco dei 15mila militanti separatisti, i suoi "peacekeeper": mascherando un'invasione.
Era massima allerta, ieri, sul fronte militare, ma intanto Vladimir Putin ha dichiarato guerra all'Occidente su quello del commercio. Aveva rotto il suo silenzio il giorno prima, a Voronezh, chiedendo misure di ritorsione in risposta alle sanzioni economiche contro le interferenze russe in Ucraina. Ieri pomeriggio il presidente ha messo nero su bianco, firmando un decreto in cui, «nella difesa degli interessi nazionali», ordina di «vietare o limitare per un anno l'ingresso nel territorio della Federazione Russa di prodotti agricoli, materie prime e generi alimentari prodotti dai Paesi i cui governi hanno deciso di introdurre sanzioni nei confronti di persone fisiche o giuridiche russe».
Putin fa espressamente riferimento alle sanzioni per la prima volta: nei giorni scorsi la Russia citava motivi sanitari mentre fermava alla frontiera i primi prodotti a cadere vittima di questa guerra - mele polacche, latticini ucraini o bistecche australiane. Il divieto si prolungherà almeno per un anno, mentre le sanzioni settoriali introdotte a fine luglio dalla Ue - dalla difesa all'energia fino alla finanza - hanno un orizzonte più limitato, e saranno sottoposte a revisione il 31 ottobre.
L'elenco dettagliato dei prodotti nel mirino verrà preparato nei prossimi giorni, una lista che - ordina Putin - dovrà cercare di non scuotere troppo i mercati e non provocare aumenti dei prezzi (l'inflazione, oggi superiore al 7%, è al centro delle preoccupazioni delle autorità russe). Si chiede inoltre di assicurare un corrispondente aumento della produzione locale: riuscirà a compensare la scomparsa di prodotti dall'estero? Dall'altra parte, ciascun Paese ora sarà impegnato a calcolare il prezzo che dovrà pagare a questa guerra. Per l'Italia, decimo Paese fornitore della Russia sul fronte agroalimentare, il 2013 era stato un anno positivo, con un aumento delle esportazioni del 9,75%, un valore calcolato dall'Ice a 1.072 milioni di euro.
La decisione di Putin, spiega Cliff Kupchan di Eurasiagroup, «alza il livello di rischio per le attività straniere nel mercato dei consumi in Russia e per i relativi fornitori». Come gli ingredienti dell'intruglio di una strega, tutti questi fattori aumentano il rischio che le cose precipitino in Ucraina. «Abbiamo ragione di credere che i rischi di un'incursione siano cresciuti rispetto a pochi giorni fa», ha detto ieri a Varsavia il premier polacco Donald Tusk. Il giorno prima il suo ministro degli Esteri, Radoslaw Sikorski, aveva avvertito che forze e armamenti ammassati al confine «servono a esercitare pressioni oppure a invadere». In aprile i russi schierati al confine erano 40mila, oggi le cifre di questa nuova mobilitazione - accompagnata da massicce esercitazioni aeree - variano a seconda della fonte: Kiev, che conta anche la Crimea, parla di 45mila uomini. Tutti però sono d'accordo sul fatto che l'armata si è gonfiata sensibilmente negli ultimi giorni, appoggiata da armamenti di cui Andriy Lysenko, portavoce militare ucraino, fa un elenco puntuale: 160 carri armati, 1.360 blindati, 192 aerei da guerra e 137 elicotteri, oltre ad artiglieria e a lanciarazzi.
Di che tipo di intervento si tratterebbe? Secondo gli analisti militari, la Russia è tornata ad alzare il tiro di fronte all'avanzata delle forze di Kiev. Le roccaforti rimaste, Luhansk e Donetsk, sono quasi interamente circondate. Una capitolazione imminente e il rischio di perdere definitivamente l'Ucraina potrebbe spingere il Cremlino a rompere gli indugi, anche se pochi credono a un'invasione di terra su larga scala. Per ribaltare gli equilibri ai russi potrebbe bastare un intervento più indiretto, con le forze speciali e azioni aeree, a fianco dei miliziani che, nel frattempo, hanno ricevuto mezzi sempre più potenti. La sfida lanciata sul fronte commerciale fa temere che, agli occhi del presidente russo, spazi per altre strade non ce n'è.
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