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Questo articolo è stato pubblicato il 11 agosto 2014 alle ore 07:51.
L'ultima modifica è del 01 settembre 2014 alle ore 22:03.

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(Corbis)(Corbis)

In partenza per le ferie? C'è chi non vede l'ora e comincia a fare il countdown una settimana prima... e chi invece, al lavoro, nelle ultime ore, si fa prendere dall'agitazione e dall'ansia di staccare la spina. Tranquilli, si tratta di una condizione abbastanza comune. «Almeno una volta nella vita ci sarà capitato di lasciare il lavoro per andare in ferie con addosso quella sensazione tipica di paura di aver dimenticato di fare qualcosa di importante», osserva la psicologa Rosa Riccio, dello Studio Psicologico Corvetto di Milano.

Una sorta di frenesia, dettata dal desiderio di "mettere a posto" e chiudere tutto ciò che non abbiamo ancora chiuso. In genere, ciò che preoccupa, è che le questioni rimaste in sospeso possano esplodere proprio mentre noi siamo in vacanza. Quasi sempre, queste sono paure ci abbandonano dopo qualche ora dalla partenza lasciando spazio al sollievo e alla gioia perché finalmente possiamo dedicarci a noi, ai nostri affetti, alle nostre passioni.

Per alcuni, invece, il momento del "mollare il colpo" e andarsene in ferie è, paradossalmente, un incubo. «Capita che alcune persone siano in qualche modo più predisposte a paure di questo tipo - spiega la psicologa Rosa Riccio -, oppure capita che, anche soggetti non particolarmente predisposti, in momenti cruciali o particolarmente intensi della propria vita professionale, sperimentino un'ansia eccessiva rispetto all'andare in ferie».

Gli scenari temuti sono i più disparati, ma quasi sempre si tratta di rientri imprevisti dalle vacanze per via di questioni lavorative, capi che telefonano a ferragosto per chiedere spiegazioni rispetto a questo o quel problema e sguardi di biasimo dei colleghi al rientro dalle vacanze.

«Quando esistono paure di questo tipo - spiega la psicologa - quasi sempre, abbiamo a che fare con due elementi: la prima, più comune, è connessa al desiderio di controllo e alla conseguente paura di perderlo. La seconda ha a che fare con il giudizio degli altri».

Vediamole in sintesi.

Lo stress che deriva dalla paura di lasciarsi andare
Più o meno tutti noi ci sentiamo gratificati, capaci di gestire le situazioni, quando riusciamo a dare la direzione che vogliamo agli eventi della nostra vita, grandi o piccoli che siano. Mentre siamo dispiaciuti, arrabbiati o delusi quando non riusciamo a far sì che questo accada. «Alcuni di noi, meno di altri, tollerano l'imprevisto e la possibilità che le cose possano sfuggire al proprio controllo - spiega Rosa Riccio -. Che si tratti di non riuscire a preparare una buona torta di mele, di archiviare una pratica complessa o di chiudere un affare importante senza intoppi». Ed ecco il nodo centrale della questione. «Se il mio imperativo per sentirmi serena e sicura sul lavoro è che tutto sia a posto e normalmente esercito tutto il controllo che posso per far sì che questo succeda, le ferie rappresentano un momento di massimo stress per me dal momento che le ferie, per definizione, rappresentano l'astensione dal lavoro e dunque dal controllo.

Lo stress che deriva dal timore del giudizio degli altri
La seconda ha a che fare con il giudizio degli altri, tipicamente di capo e colleghi. Cosa penserebbero di me se, in mia assenza, emergesse un problema che ha a che fare con il mio operato?Quali potrebbero essere le conseguenze? In genere ciò che si teme è il biasimo e l'eventuale giudizio negativo da parte degli altri. La credenza erronea di fondo è che per poter essere considerati bravi e capaci non si debba sbagliare mai e che gli errori o le dimenticanze siano segnale di incapacità e non, più realisticamente, un elemento ineliminabile in qualsiasi attività umana.

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