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Questo articolo è stato pubblicato il 15 agosto 2014 alle ore 06:36.
L'ultima modifica è del 10 ottobre 2014 alle ore 20:04.

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Il dato del secondo trimestre è meno negativo del previsto: una crescita congiunturale, seppure minima (+0,1% sul trimestre precedente) e un calo tendenziale dello 0,1 per cento. Non basta tuttavia a ridare respiro alla Finlandia, maglia nera di un Nord che ancora non ha recuperato il passo di una volta e nuovo malato d'Europa, che più di altri sente anche il peso della crisi ucraina e della guerra commerciale a colpi di sanzioni con la Russia.

E forse non è un caso che oggi a Sochi sia in programma un incontro tra il presidente finlandese, Sauli Niinistö, e Vladimir Putin; in agenda, stando a fonti del Cremlino, ci saranno proprio i rapporti bilaterali, anche se Helsinki insiste sul significato politico dell'appuntamento: trovare una via d'uscita alla crisi diplomatica innescata dallo scontro in Ucraina.
La minima crescita finlandese attestata ieri da Eurostat arriva dopo due trimestri consecutivi di flessione, entrambi dello 0,3%, e in uno scenario di prolungata recessione: anche quest'anno, dopo il -1% e -1,4% del biennio 2012-2013, il Pil subirà un calo, che gli economisti di Nordea Bank stimano dello 0,5 per cento. Era dalla depressione del 1990-92 che Helsinki non restava in rosso per tre anni di seguito e alcuni analisti ipotizzano un dato negativo anche per il 2015. «Non c'è una definizione ufficiale di depressione - si legge nello studio di Nordea sui Paesi scandinavi del giugno scorso ("Cambio di marcia") - ma tutti i suoi elementi iniziano a essere presenti in Finlandia».
Le cause del declino finlandese sono ben note e innanzi tutto strutturali: il crollo del colosso delle telecomunicazioni Nokia (poi acquisito da Microsoft) e del settore IT, che un tempo pesava un decimo del Pil di Helsinki e oggi vale solo il 4%, la crisi dell'industria del legno e della carta. Come molte altre economie europee la Finlandia soffre poi di una grave debolezza nella domanda interna (consumi e investimenti), che si ripercuote sul lavoro (il tasso di disoccupazione è stimato quest'anno all'8,5%). Si aggiungono però anche fattori congiunturali, come il calo delle esportazioni - elemento trainante delle economie nordiche - dovuto alle performance deludenti di tradizionali mercati di sbocco, come l'Eurozona e la Russia.

La nota più dolente è proprio la Russia, perché i due Paesi (legati da una simbiosi anche geografica, con una linea di confine lunga ben 1.300 chilometri) sono strettamente interdipendenti, al punto che un calo del 3% di Mosca - la stima è del nuovo premier finlandese Alex Stubb - si traduce in una flessione dello 0,5% del Pil del Paese scandinavo. E Helsinki, oltre a subire gli effetti del rallentamento russo, patisce più di altri le sanzioni incrociate Russia-Ue, sfociate la settimana scorsa nel divieto o limitazione imposto da Mosca all'import di prodotti agricoli, materie prime e generi alimentari provenienti da Paesi Ue.
La Russia è il terzo maggiore mercato di sbocco dell'export di Helsinki e finlandesi sono i principali fornitori di latte e latticini per i supermercati russi. Un sondaggio diffuso ieri ha rivelato che quasi metà delle aziende finlandesi è stata colpita dalle sanzioni.
Ricucire i rapporti è dunque una priorità per la Finlandia e per il suo governo, che rischia di pagare le difficoltà economiche anche in termini di stabilità politica: le prossime elezioni politiche sono fissate ad aprile, ma le politiche di rigore imposte dalla crisi hanno indebolito il Partito socialdemocratico, principale partner dei conservatori di Stubb nella coalizione di governo. E qualcuno già parla di elezioni anticipate in autunno.

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