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Questo articolo è stato pubblicato il 17 agosto 2014 alle ore 08:12.

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Il deputato Luigi Cesaro non andrà in carcere. Il Tribunale del riesame di Napoli ha infatti annullato, per mancanza di gravi indizi di colpevolezza, l'ordinanza di custodia cautelare emessa il 23 luglio scorso, ma ancora sospesa in attesa della decisione del Parlamento. Prima di lui, anche i suoi fratelli Aniello e Raffaele erano stati liberati dai giudici con identica motivazione, e nei giorni precedenti analoga sorte era toccata gli altri indagati nell'inchiesta della Dda partenopea. Tutti i maggiori protagonisti della storia, nel giro di tre settimane, hanno lasciato gli arresti.
Cesaro è accusato di concorso esterno in associazione camorristica e turbativa d'asta in relazione a un appalto bandito dal Comune di Lusciano (Caserta) per la costruzione di un impianto sportivo. Secondo l'ipotesi dell'ufficio giudiziario napoletano, la ditta di costruzioni della famiglia Cesaro si sarebbe accaparrata i lavori in forza di un presunto patto criminale col clan Bidognetti, una delle tante teste dell'Idra casalese, al quale avrebbe offerto una tangente più sostanziosa di quella inizialmente accordata dall'azienda rivale. E il gruppo Bidognetti, a sua volta, avrebbe fatto pressioni sull'Amministrazione comunale per orientare l'assegnazione delle opere.
Le motivazioni del Riesame saranno rese note nei prossimi giorni, ma è chiaro che i giudici sono entrati nel merito del lavoro investigativo, contestando la ricostruzione dei pm e la coerenza delle fonti di prova. Prime fra tutti le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Luigi Guida e Gaetano Vassallo, due vecchi affiliati che si occupavano, per conto dei Casalesi, dei rapporti con l'imprenditoria e la politica colluse: entrambi hanno raccontato ai magistrati antimafia dei supposti abboccamenti tra i fratelli Cesaro e la criminalità organizzata del Casertano, soffermandosi sul presunto ruolo del deputato di Forza Italia che avrebbe agito come cerniera tra gli interessi di famiglia, quelli del clan Bidognetti e quelli, ancora, della politica locale. Ai verbali di Guida e Vassallo si sono poi aggiunte anche le parole di altri sei collaboratori di giustizia, tra cui l'ex superboss dei Casalesi Antonio Iovine, che hanno confermato la vicinanza di Luigi Cesaro ai grandi capi della camorra casertana e la sua «avvicinabilità» da parte della cosca per qualsiasi tipo di esigenza. Parole rimaste prive di riscontri e non attendibili, però, per il Riesame.
A differenza dei due fratelli, Luigi Cesaro non era finito immediatamente in cella: la Camera avrebbe dovuto votare per l'arresto a fine settembre. È probabile che la Procura antimafia di Napoli possa impugnare il provvedimento in Cassazione, anche in considerazione della gestazione lunga e complessa che ha avuto il procedimento. Basato su fatti del 2004, il fascicolo è rimasto oltre due anni sulla scrivania del gip dal momento in cui i pm hanno chiesto la cattura del parlamentare: un tempo che, negli ambienti giudiziari vesuviani, è stato ritenuto eccessivamente lungo e che potrebbe aver suggerito al Riesame una via meno traumatica rispetto a quella della custodia in carcere per gli indagati. Ma se ricorso ci sarà, i tempi saranno tutt'altro che brevi.
Poche le parole di commento di Cesaro: «Nei miei confronti c'è stata una gogna mediatica indescrivibile - ha detto -. In questi anni, è stato un calvario per me e la mia famiglia, che spero finisca». Entusiastici i commenti dentro Forza Italia. «Finalmente un giudice anche a Napoli – dice Giovanni Toti –. La giustizia sta facendo il suo corso. La vicenda che ha visto come protagonista Luigi Cesaro ha imboccato grazie al tribunale del riesame di Napoli la giusta direzione». «Questa ordinanza - aggiunge Renato Brunetta - è lo schiaffo piú sonoro che i colleghi giustizialisti possano incassare».
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