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Questo articolo è stato pubblicato il 25 agosto 2014 alle ore 11:51.
L'ultima modifica è del 25 agosto 2014 alle ore 11:52.

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Nella grande crisi esplosa tra Russia e Ucraina è rimasto in disparte, nelle ultime settimane, il fronte che era invece al centro delle "guerre" del passato: il gas. Ma questo è un nodo che presto tornerà a farsi sentire: alla fine dell'estate tornerà in mente che dal 16 giugno la Russia ha interrotto le forniture all'Ucraina, denunciando il mancato pagamento delle bollette da quando il cambio di regime a Kiev ha spinto Mosca ad alzare le tariffe. Da giorni gli abitanti della capitale ucraina sono senza acqua calda, e così sarà almeno fino a ottobre: il governo cerca di risparmiare gas. Abbiamo di fronte un inverno lungo e freddo, avverte il primo ministro Arseniy Yatsenyuk, spiegando che il Paese non può farcela senza il gas russo, anche se ora sta cercando di importarne da altri Paesi e di spostarsi su altre fonti, come il carbone. Anche questo è da importare, dal momento che la guerra ha costretto a chiudere metà delle miniere dell'Ucraina orientale.

Rispetto alle guerre del gas del passato, nel 2006 e 2009, l'Europa rischia di essere pesantemente coinvolta. La tensione scesa tra Russia e Occidente non garantisce più che Mosca, chiudendo i rubinetti a Kiev, si preoccupi come diceva di fare allora di evitare ricadute sui clienti europei. Oggi, al contrario, esiste il rischio di ritorsioni russe in risposta alle sanzioni europee, malgrado queste abbiano accuratamente evitato il settore del gas. In più, tra le misure che il governo ucraino ha in mente per rispondere «alla sponsorizzazione del terrorismo, l'annessione della Crimea e la violazione dell'integrità territoriale dell'Ucraina», c'è anche il blocco del transito di gas naturale russo verso l'Europa. Verrebbe meno il 10% del totale del fabbisogno europeo.

Nel migliore dei casi, tutte queste minacce potrebbero tradursi in un aumento dei prezzi: o comunque in una fase di incertezza, se le compagnie europee si trovassero a dover acquistare il gas direttamente al confine russo e non più, come avviene ora, al confine occidentale tra l'Ucraina e la Ue, cosa che le costringerebbe a rinegoziare con Gazprom i contratti di fornitura. È molto probabile che l'argomento sia entrato nell'agenda dei colloqui del cancelliere Merkel con i leader ucraini, ieri a Kiev: già nei giorni scorsi il governo tedesco aveva fatto capire che contava sull'Ucraina perché abbandonasse l'idea di bloccare il transito. E non è un caso che martedì prossimo a Minsk, al primo faccia a faccia tra Vladimir Putin e Petro Poroshenko, sarà presente anche il commissario Ue all'Energia, Günther Oettinger.

Del resto, che il gas abbia un trattamento particolare si era capito anche quando, venerdì scorso, Berlino ha dato il via libera alla vendita della controllata Dea del colosso energetico Rwe a un fondo di investimento che fa capo all'oligarca russo Mikhail Fridman. Sanzioni o no.

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